Donatello, il Rinascimento vince il premio come migliore esposizione del 2022

La Fondazione Palazzo Strozzi e i Musei del Bargello sono orgogliosi di annunciare che la mostra Donatello, il Rinascimento (tenutasi a Firenze nelle due sedi di Palazzo Strozzi e del Museo Nazionale del Bargello tra il 19 marzo e il 31 luglio 2022) e curata da Francesco Caglioti, è stata premiata come migliore esposizione dell’anno 2022 nell’ambito della cerimonia degli Apollo Awards, tenutasi a Londra il 6 dicembre 2022, organizzata dalla prestigiosa rivista internazionale Apollo Magazine.

Gli Apollo Awards rappresentano i più importanti premi a livello internazionale per musei e istituzioni culturali, celebrando ogni anno i più rilevanti artisti, mostre, musei, pubblicazioni e iniziative della scena dell’arte globale. L’assegnazione dell’Apollo Award come mostra dell’anno a Donatello, il Rinascimento è avvenuta selezionando dalla rosa di sei finalisti, appuntamenti espositivi internazionali di grandissimo pregio quali: Inspiring Walt Disney: The Animation of French Decorative Arts al Metropolitan Museum of Art di New YorkMatisse: The Red Studio al MOMA di New YorkOskar Kokoschka: Enfant terrible in Vienna al Musée d’Art Moderne di ParigiRaphael alla National Gallery e William Kentridge alla Royal Academy of Arts di Londra.

Il premio a Donatello, il Rinascimento rappresenta un riconoscimento al grande valore scientifico, alla straordinaria unicità e all’audacia di un’esposizione che ha ricollocato nell’olimpo dei maestri un protagonista assoluto della storia dell’arte come Donatello, scommettendo su una mostra dedicata alla genesi del Rinascimento fiorentino e alla scultura quale arte guida. La mostra infatti ha proposto nuovi studi e inediti confronti grazie a prestiti storici provenienti da oltre cinquanta istituzioni di tutto il mondo. Importanti restauri realizzati in occasione della mostra hanno permesso, dopo la loro realizzazione, lo spostamento per la prima volta nella storia di alcune opere dalla loro sede originale.  Donatello, il Rinascimento ha rappresentato la prima e più completa retrospettiva mai realizzata dedicata a uno dei maestri più importanti e influenti dell’arte italiana di tutti i tempi.

Curata da Francesco Caglioti (professore ordinario di Storia dell’Arte medievale presso la Scuola Normale Superiore di Pisa) e realizzata in collaborazione con gli Staatliche Museen di Berlino e il Victoria and Albert Museum di Londra, la mostra ha infatti ricostruito attraverso oltre 130 opere il percorso eccezionale di uno dei padri del Rinascimento, a confronto con capolavori di artisti a lui contemporanei quali Brunelleschi e Masaccio, Mantegna e Giovanni Bellini, ma anche successivi come Raffaello e Michelangelo.

Fin dalla sua apertura, l’esposizione era stata acclamata dalla stampa nazionale e internazionale, già definita mostra dell’anno a livello globale dal New York Times, il Wall Street Journal, il Washington Post, il Times e il Guardian. L’esposizione ha inoltre raggiunto uno straordinario successo di pubblico con un totale di 150.000 visitatori a Palazzo Strozzi e oltre 117.000 presenze al Museo Nazionale del Bargello. La mostra è stata anche l’occasione per una rinnovata attenzione al territorio, con la valorizzazione di oltre 50 opere di Donatello disseminate in tutto il territorio della Regione Toscana attraverso il progetto Donatello in Toscana: un viaggio a partire da Palazzo Strozzi e dal Museo Nazionale del Bargello attraverso tutta la regione, grazie a una pubblicazione e una speciale mappa tematica digitale e fisica che ha legato 16 diversi luoghi in un’idea di esposizione diffusa per approfondire e conoscere le opere del maestro nel territorio.

È la seconda volta che Apollo Magazine premia la Fondazione Palazzo Strozzi per le sue mostre: la prima nel 2014 con la grande mostra Pontormo e Rosso Fiorentino. Divergenti vie della “maniera, e ora nel 2022 con Donatello, Il Rinascimento, un progetto epocale per celebrare lo scultore che ha segnato la storia dell’arte. L’esposizione è stata consacrata miglior mostra del 2022 anche dalla prestigiosa classifica del Giornale dell’Arte.

L’assegnazione di questo riconoscimento ci riempie di gioia e soddisfazione e conferma, ancora una volta, la qualità dell’offerta di Palazzo Strozzi, che produce mostre tanto originali e coraggiose quanto di successo, tenendo fede al disegno della Fondazione di portare a Firenze eventi culturali di livello internazionale. Il successo di questa grande mostra è frutto della incomparabile curatela di Francesco Caglioti, della fondamentale collaborazione con i Musei del Bargello e del generoso supporto dei più importanti musei del mondo che ci hanno permesso di realizzare una mostra veramente unica e irripetibile.

Arturo Galansino, Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi

Siamo orgogliosi del prestigioso premio della rivista Apollo che esemplifica il ruolo cruciale del Museo Nazionale del Bargello, cardine delle collezioni di scultura italiana nel mondo. Grazie all’indispensabile sostegno della Direzione Generale Musei e del Ministero della Cultura che hanno sostenuto il progetto fin dal suo concepimento, alla sinergia con la Fondazione di Palazzo Strozzi – con la quale esiste una consolidata quanto virtuosa collaborazione pubblico-privato – agli Staaliche Museen zu Berlin e al V&A di Londra, nostri partners, siamo riusciti a creare una retrospettiva completa e mai vista dell’opera originalissima di Donatello. Un ringraziamento particolare va al curatore della mostra, Francesco Caglioti, e a tutto lo staff dei Musei del Bargello per la professionalità profusa in questo complesso progetto, dimostrando anche l’eccellenza raggiunta dai musei statali italiani.

Paola D’Agostino, Direttore dei Musei del Bargello

Un viaggio tra Rinascimento e Web 3.0

Palazzo Strozzi è stata la casa di due grandi rivoluzioni del mondo dell’arte negli ultimi mesi: quella del Rinascimento e quella degli NFT. Le mostre Donatello, il Rinascimento e Let’s Get Digital! hanno messo in dialogo l’arte del passato con l’arte del futuro e hanno saputo conquistare tutti, dalla critica al grande pubblico. Sono stati 150.000 i visitatori per la grande esposizione dedicata a Donatello, “il maestro dei maestri”, e 25.000 per il progetto che ha portato negli spazi della Strozzina e del cortile l’arte degli NFT.

La rivoluzione del Rinascimento: Donatello, il Rinascimento

Donatello, il Rinascimento, la prima e più completa retrospettiva mai realizzata dedicata all’artista padre del Rinascimento, ha proposto un viaggio attraverso Palazzo Strozzi e il Museo Nazionale del Bargello ripercorrendo la vita e la fortuna di Donatello. In 135 giorni di apertura, la mostra è stata visitata da 150.000 persone a Strozzicirca 117.000 al Museo Nazionale del Bargello, diventando una delle mostre di arte antica più visitata della storia di Palazzo Strozzi.

Donatello, il Rinascimento è stata acclamata fin dalla sua apertura dalla stampa nazionale e internazionale per lo straordinario percorso, gli studi e i confronti proposti, gli eccezionali prestiti provenienti da istituzioni di tutto il mondo e gli importanti restauri realizzati che hanno permesso lo spostamento per la prima volta nella storia di alcune opere dalla loro sede originale. L’esposizione ha collezionato numerose recensioni dal New York Times, dal Times, dal Wall Street Journal e dal Financial Times, il quale ha incoronato il catalogo della mostra edito da Marsilio Arte come miglior volume del 2022.

Tra i visitatori degli ultimi giorni, la mostra è stata apprezzata da grandi personaggi come Nancy Pelosi, speaker della Camera dei deputati degli Stati Uniti, o la star di Hollywood Leonardo Di Caprio che ha fatto tappa a Palazzo Strozzi appositamente per visitare questa eccezionale esposizione, e da grandi nomi dell’arte come Jeff Koons che, ripercorrendo gli spazi che solamente sei mesi fa ospitavano la sua mostra Jeff Koons. Shine, è stato colpito dai capolavori di uno scultore che ha segnato l’arte di tutti i tempi e che egli ritiene una pietra miliare della propria formazione.

Dopo Firenze, una parte delle opere sarà esposta dal 2 settembre 2022 alla Gemäldegalerie di Berlino e nella primavera 2023 al Victoria & Albert Museum di Londra, in versioni distinte, ma complementari dell’esposizione.

La mostra oltre la mostra: Donatello in Toscana

Nella tradizione del Fuorimostra di Palazzo Strozzi è stato realizzato il progetto Donatello in Toscana che ha proposto sotto forma di una mappa fisica e digitale un viaggio tra le opere di Donatello conservate nella regione. Il progetto, promosso e organizzato da Fondazione Palazzo Strozzi con il contributo di Città Metropolitana di Firenze e Beyfin S.p.A con media partner La Nazione, ha visto anche la pubblicazione del volume Donatello in Toscana– Itinerari, edito da Marsilio Arte e a cura di Francesco Caglioti: una guida alla scoperta di Donatello nello straordinario “museo diffuso” toscano.

Analisi del pubblico di Donatello, il Rinascimento

Si registra il grande ritorno dei turisti, sia italiani che stranieri (44% del totale visitatori), seguito dagli escursionisti (che hanno visitato Firenze in giornata, pari al 33%) e dal pubblico locale (23%). Tra i visitatori turisti ed escursionisti il 70% (pari a circa 80.000 persone) è venuto a Firenze per visitare la mostra a Palazzo Strozzi generando un significativo impatto economico sul territorio. Questo dato conferma il ruolo di Palazzo Strozzi nella valorizzazione di Firenze e la Toscana attraendo pubblico nazionale e internazionale e creando con la cultura valore economico per il territorio

Emerge l’altissimo gradimento della mostra, con il 98% dei visitatori che si dichiarano pienamente soddisfatto dell’esperienza.

La rivoluzione degli NFT: Let’s Get Digital!

Let’s Get Digital! ha portato negli spazi della Strozzina e del cortile di Palazzo Strozzi la rivoluzione degli NFT e delle nuove frontiere dell’arte digitale attraverso le opere di Refik Anadol, Anyma, Daniel Arsham, Beeple, Krista Kim e Andrés Reisinger. Promossa e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi e Fondazione Hillary Merkus Recordati e curata da Arturo Galansino e Serena Tabacchi, la mostra ha proposto uno sguardo su un movimento in piena evoluzione e trasformazione, che costituisce il punto di partenza per una sempre più accelerata commistione tra estetica e nuove tecnologie. In solo due mesi e mezzo di apertura Let’s Get Digital! è stata visitata da oltre 25.000 visitatori, diventando un caso nazionale e testimoniando il grande interesse per il fenomeno NFT. 

Analisi del pubblico di Let’s Get Digital!

Da una prima analisi del pubblico emerge una grande partecipazione dei visitatori locali (40%), seguiti dai turisti italiano e stranieri (37%) e dagli escursionisti (33%). Oltre l’85% dei visitatori si sono dichiarati pienamente soddisfatti dell’esperienza, e l’86% ha dichiarato di aver conosciuto il fenomeno degli NFT e quello della Criptoarte grazie a questa mostra.

Un connubio l’arte del passato con l’arte del futuro

Palazzo Strozzi si conferma come laboratorio unico di ricerca e sperimentazione delle arti. Il connubio Let’s Get Digital!Donatello, il Rinascimento è stata una scelta vincente confermata dall’apprezzamento del pubblico e dalla critica internazionale. Dal Rinascimento all’arte digitale d’avanguardia, le due mostre singolarmente sono state capaci di stimolare e di far conoscere nuovi artisti e temi. Oltre il 50% dei visitatori della mostra Let’s Get Digital! ha infatti scelto di visitare anche la mostra dedicata al grande maestro del Rinascimento, testimoniando come i netti confini tra arte del passato e arte del futuro siano labili e porosi.

Una lettera d’amore. Ispirata dalla Madonna Pazzi

Su invito di Marsilio Arte, Annalena Benini, giornalista e scrittrice e direttrice della rivista Review del Foglio, si è lasciata guidare dalla Madonna Pazzi di Donatello (conservata a Berlino ed esposta a Palazzo Strozzi in occasione della mostra Donatello, il Rinascimento). Annalena Benini racconta del legame personalissimo e universale che lega la Madonna e il Bambino.

Cara mamma,

ti ho chiesto scherzando che cos’è l’amore e tu non hai avuto dubbi: l’amore che attraversa il tempo, lo spazio, il bronzo, il marmo, è fermato per sempre nell’amore della Madonna che guarda il suo bambino. Dovevo immaginarlo, da quando sono piccola e ti seguo nelle città, nei paesini, nelle chiese e nei musei, ti fermi sempre a guardare una Madonna col bambino.

Una me l’hai perfino regalata, quando sono rimasta incinta di mia figlia. Era di mia nonna, tua madre. Il protendersi del collo e degli occhi, il continuo scendere e salire per ritrovarsi alla stessa altezza, il desiderio di non staccarsi mai e di leggere nello sguardo la purezza di un legame carnale e al tempo stesso ultra terreno. Che non può finire, che parte dal corpo e si diffonde nello spirito, o viceversa, a seconda di chi osserva o di chi guarda distratto, ma non può non capire: madre e figlio, l’inizio del mondo. L’atto d’amore primario, originario.

Quanto tempo abbiamo passato, mamma, a guardarci gli occhi, le guance, quanto tempo ho passato a metterti le mani sulla faccia per poi perderne il ricordo? La forza esiste e non sa ancora parlare ma guarda, apre la bocca, protende le braccia, ha un profumo inebriante, si dimenticherà tutto ma adesso la sua pelle, a contatto con la nostra pelle, sprigiona l’energia del mondo intero.

Può l’arte restituirci tutto questo? Può, perché mostra due esseri umani nel momento in cui umano e divino si toccano. Il movimento di quello sguardo è un movimento divino, il protendersi degli occhi negli occhi è la prova di un amore che attraverso la madre e il suo bambino si sprigiona anche oltre i loro corpi, la loro unione, e ci avvolge e ci chiama, ci chiede: e voi, voi lo sapete che cos’è l’amore?

Cara mamma, avevi ragione tu: è qui l’amore.

Donatello, Madonna col Bambino (Madonna Pazzi), 1420-1425 circa, Staatliche Museen zu Berlin – Preußischer Kulturbesitz. Skulpturensammlung und Museum für Byzantinische Kunst. Photo Antje Voigt 

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In copertina: Donatello, Madonna col Bambino (Madonna Pazzi), 1420-1425 circa, Staatliche Museen zu Berlin – Preußischer Kulturbesitz. Skulpturensammlung und Museum für Byzantinische Kunst. Photo Antje Voigt 

I disastri della guerra

A monito degli orrori della guerra che colpiscono le persone, ma possono colpire anche le opere d’arte, vogliamo pubblicare queste immagini di due sculture che hanno subito l’oltraggio di danneggiamenti gravissimi durante le fasi terminali della Seconda Guerra Mondiale.

L’allora Kaiser-Friedrich-Museum (oggi Bode-Museum), venne devastato dai bombardamenti aerei. Due importantissime Madonne col Bambino di Donatello in terracotta che saranno esposte a Palazzo Strozzi erano state evacuate prima in un bunker, ma subirono due terribili incendi nel maggio 1945 e furono ridotte in pezzi.

Portate a Leningrado, sono state restaurate alla metà degli anni Cinquanta e in seguito restituite alla Repubblica Democratica Tedesca, tornando nel settore Est di Berlino solo nel 1958.

Prima della Seconda Guerra Mondiale questo rilievo era ancora magnificamente policromato, come attesta una foto pubblicata da Wilhelm von Bode nel 1923. Gli incendi nel maggio 1945 causarono notevoli danni all’opera, compresa la perdita della policromia (a parte qualche traccia sulla manica della Vergine). Questo trauma ha però reso evidente la modellazione dell’argilla, il cui virtuosismo rende indiscutibile l’attribuzione a Donatello. L’ultimo restauro risale al 2018 grazie alla Fondazione d’Arte Ernst von Siemens.

Crediti: Berlino, Staatliche Museen, Skulpturensammlung und Museum für Byzantinische Kunst. Archiv (foto antiche); A. Voigt (foto moderne).

170.000 riflessi

La grande mostra Jeff Koons.Shine ha celebrato una delle figure più importanti e discusse dell’arte contemporanea a livello globale attraverso una selezione delle sue più celebri opere che, dalla metà degli anni Settanta a oggi, hanno rivoluzionato il sistema dell’arte internazionale. Nonostante le difficoltà e le restrizioni di questi mesi, Jeff Koons. Shine si è posizionata come una delle mostre più visitate di sempre a Palazzo Strozzi, distinguendosi come l’evento di arte contemporanea di maggior successo del 2021 in Italia. La mostra ha visto la partecipazione di 170.012 visitatori, segnando il tutto esaurito nelle sale di Palazzo Strozzi fin dalla sua apertura a ottobre.

Jeff Koons. Shine: un catalizzatore per la città

Questo importante record di partecipazione premia il lavoro della Fondazione e del suo modo unico di “fare mostre”, sempre mantenendo, nonostante le incertezze del momento, un ruolo primario nella valorizzazione del territorio come meta per il pubblico, motore propulsore di energia e creatività, e generatore di valore tramite la cultura.

Da segnalare in particolare è come Palazzo Strozzi abbia mantenuto un ruolo primario nella valorizzazione del territorio quale meta per il pubblico nazionale, attraendo a Firenze visitatori da tutta Italia, in un periodo ancora fortemente limitato per il turismo internazionale. Sono stati circa 120.000 (il 70% del totale) i visitatori italiani provenienti al di fuori dell’area metropolitana di Firenze: oltre 85.000 hanno raggiunto la città (in giornata o pernottando in città anche più giorni) appositamente per visitare la mostra di Jeff Koons, generando un importante impatto sull’economia locale.

Jeff Koons. Shine, exhibition view, Palazzo Strozzi, Firenze, 2021. © Jeff Koons, Photo: Ela Bialkowska, OKNOstudio

Siamo tutti “Koons Fan”: i pubblici della mostra

Dalle analisi sui visitatori, emergono come dati importanti la grande partecipazione del pubblico under 30, che rappresenta il 30% del totale dei visitatori, e del pubblico delle famiglie, come testimonia la vendita record di oltre 6.000 biglietti famiglia (pari a oltre 20.000 presenze totali), la grande partecipazione ai laboratori Specchio, specchio e Splendido splendente e il successo del Kit Famiglie, speciale materiale sviluppato per visitare la mostra con giochi e attività utilizzato da oltre 6.000 visitatori.

Specchio, specchio, laboratorio per famiglie in occasione della mostra Jeff Koons. Shine. Foto Giulia Del Vento

Confermato è stato inoltre l’impegno e il successo della Fondazione Palazzo Strozzi per rendere le proprie mostre sempre più accessibili attraverso eventi, attività e progetti per tutti i pubblici. Da segnalare in particolare A più voci per persone con Alzheimer, Sfumature per ragazzi e ragazze con disturbi dello spettro autistico, Connessioni per disabilità intellettive e disagio psichico, e Corpo libero, un percorso di danza dedicato all’inclusione delle persone con Parkinson, attività dedicate all’accessibilità che hanno coinvolto oltre 1300 partecipanti.

Corpo libero in occasione della mostra Jeff Koons. Shine. Foto Giulia Del Vento
A più voci in occasione della mostra Jeff Koons. Shine. Foto Giulia Del Vento

Jeff Koons mania sui social

Palazzo Strozzi è particolarmente attento alla comunicazione social, e in occasione della mostra oltre 3.2 milioni di persone sono state raggiunte dai contenuti pubblicati sui profili social della Fondazione (Facebook, Instagram, Twitter e LinkedIn) generando oltre 160mila interazioni tra like, commenti e condivisioni su tutte le piattaforme. Su Instagram si registrano i risultati più sorprendenti con oltre 1.8 milioni di persone coinvolte e una crescita di oltre 10milla follower negli ultimi quattro mesi, collezionando un totale di 111mila like su tutti i contenuti.

Durante il periodo della mostra, il sito www.palazzostrozzi.org è stato visitato da oltre 360mila utenti per un totale di oltre 1.5milioni di pagine visualizzate, un dato record rispetto alle mostre passate, che conferma la portata mediatica di Jeff Koons.

Jeff Koons. Shine. Foto Giulia Del Vento

Oltre 170.000 protagonisti

Fino a poco tempo fa sembrava impossibile poter realizzare una mostra così ambiziosa in questo momento storico e un simile risultato era addirittura impensabile. Jeff Koons. Shine è stata una sfida vinta per Palazzo Strozzi e per Firenze, che ha dato così un grande segnale di vitalità e di ripartenza sociale, culturale ed economica. La risposta del pubblico e dei media ha superato le nostre aspettative e siamo davvero soddisfatti dell’enorme successo di questa mostra che ha coinvolto in modo inclusivo oltre 170.000 persone, rispecchiando lo spirito stesso dell’arte di Jeff Koons che vuol rendere il visitatore protagonista delle sue opere.

In copertina: Jeff Koons. Shine, exhibition view, Palazzo Strozzi, Firenze, 2021. © Jeff Koons, Photo: Ela Bialkowska, OKNOstudio

Il successo di American Art 1961-2001

Si è conclusa domenica 29 agosto la mostra American Art 1961-2001. Da Andy Warhol a Kara Walker, uno straordinario viaggio alla scoperta dell’arte moderna degli Stati Uniti a cura di Vincenzo de Bellis e Arturo Galansino, realizzata grazie alla collaborazione con il Walker Art Center di Minneapolis. In appena tre mesi di apertura e nonostante le limitazioni dovute alla situazione sanitaria, la mostra ha raggiunto la cifra di oltre 55.000 visitatori. Questo straordinario successo (assieme alla dirompente arte pubblica di JR) dimostra la forza dell’arte e della cultura anche in un momento di forte difficoltà e incertezza come quello che stiamo vivendo e pone Palazzo Strozzi come un punto di riferimento nel dibattito artistico e culturale a livello nazionale e internazionale.

American Art 1961-2001, exhibition view, Palazzo Strozzi, Firenze, 2021. © photo Ela Bialkowska, OKNOstudio

I nostri visitatori

Dalle analisi sul pubblico di American Art 1961-2001 emergono dati importanti come la partecipazione record dei giovani e l’importante coinvolgimento del pubblico locale, ma anche la conferma della capacità di Palazzo Strozzi di proporre un’offerta in grado di contribuire all’attrazione del turismo italiano e straniero.

Il 46% del pubblico della mostra è costituito da abitanti dell’area metropolitana di Firenze, un dato che testimonia come Palazzo Strozzi rappresenti un imprescindibile punto di riferimento per la vita culturale della città. Tuttavia, Palazzo Strozzi è anche riuscito a mantenere un ruolo primario nella valorizzazione del territorio come meta per il pubblico nazionale e internazionale. Sono stati infatti circa 30.000 i visitatori non locali, italiani e stranieri, di cui oltre 20.000 si sono recati a Firenze appositamente per visitare la mostra, generando un importante impatto sull’economia locale.

In generale si conferma altissimo il gradimento espresso dai visitatori, con il 97% del pubblico che si dichiara soddisfatto dell’esperienza.

American Art 1961-2001, exhibition view, Palazzo Strozzi, Firenze, 2021. © photo Ela Bialkowska, OKNOstudio

Un pubblico sempre più giovane e social

Dato rilevante della mostra American Art 1961-2001 è la grande partecipazione del pubblico under 30, pari al 40% del totale dei visitatori. Grazie alla collaborazione degli studenti coinvolti nel progetto Plurals (Alternanza Scuola-Lavoro) è stata realizzata un’indagine specifica che ha evidenziato alcuni tratti e caratteristiche significativi di questo target di pubblico: il 50% dei visitatori under 30 ha visitato Palazzo Strozzi per la prima volta in occasione di questa mostra e il gradimento positivo si attesta al 96%. Il 70% di loro vorrebbe essere attivamente coinvolto nella realizzazione di progetti futuri con Palazzo Strozzi.

I canali web e social sono stati i principali veicoli di informazioni sulla mostra e condivisione dell’esperienza di visita: l’80% degli intervistati hanno scattato fotografie per condividerle online. Questo dato registrato tra i nostri visitatori più giovani conferma il trend generale sull’utilizzo dei social media e, nello specifico, l’interazione con i nostri canali online. Nel periodo tra febbraio e agosto 2021, infatti, l’engagement online del pubblico attraverso i social e il sito di Palazzo Strozzi è stato straordinario: oltre 3 milioni di profili individuali coinvolti su Facebook (con più di 250mila interazioni dirette), quasi 2 milioni di account Instagram raggiunti e oltre 200mila singoli utenti del sito palazzostrozzi.org.

Plurals, il progetto di Alternanza Scuola-Lavoro. © Foto Giulia Del Vento
Plurals, il progetto di Alternanza Scuola-Lavoro. © Foto Giulia Del Vento

Le attività: relazioni in presenza e online

Sono state numerose le attività legate alla mostra, realizzate in presenza o in versione online, mantenendo costante l’offerta rivolta a differenti target di pubblici che caratterizza da sempre lo spirito audience oriented di Palazzo Strozzi.

Il Kit Famiglie e il nuovo Kit Teenager, disponibili in una rinnovata doppia versione fisica e online, sono stati usati 5mila volte, offrendo così a bambini e adulti un’importante chiave per visitare mostra in modo divertente e creativo. I laboratori per le famiglie e l’Art Camp (gli speciali centri estivi realizzati a Palazzo Strozzi in collaborazione con artisti) hanno coinvolto in tutto un centinaio di bambini e ragazzi che hanno così potuto avere un rapporto privilegiato con l’arte.

Laboratori per famiglie in occasione della mostra American Art 1961-2001. © Foto Giulia Del Vento
Laboratori per famiglie in occasione della mostra American Art 1961-2001. © Foto Giulia Del Vento

American Art 1961-2001 è stata anche un’occasione per conoscere in modo più profondo e ampio la grande arte americana. Grazie ad un ampio variegato di approfondimenti per i visitatori (realizzati in mostra e attraverso Zoom sui protagonisti della mostra e le loro opere) e ad una serie di progetti che hanno visto la collaborazione con le università e le accademie del territorio fiorentino, Palazzo Strozzi ha coinvolto centinaia di persone in tutti i canali e modalità possibili.

A tutto ciò si sono affiancate le attività dedicate all’accessibilità. Mantenendo una modalità ibrida, sia in presenza che da remoto, i progetti sono riusciti a coinvolgere anche i pubblici più fragili, come le persone che vivono con l’Alzheimer o con il Parkinson.

A più voci in occasione della mostra American Art 1961-2001. © Foto Giulia Del Vento
Corpo libero in occasione della mostra American Art 1961-2001. © Foto Giulia Del Vento

American Art 1961-2001: una sfida vinta

Vincenzo de Bellis (Curator and Associate Director of Programs, Visual Arts, Walker Art Center) spiega così il successo della mostra: «L’organizzazione di American Art 1961-2001 è stata stimolante e complessa allo stesso tempo. La movimentazione di così tanti capolavori durante alcuni dei mesi più intensi della pandemia ha messo a dura prova sia il Walker Art Center sia Palazzo Strozzi. Il successo di pubblico ripaga i grandi sforzi messi in atto. La forza delle opere e la scelta di raccontare l’arte americana mettendo in luce anche gli aspetti più critici della cultura di questo paese – fatto sia di grandi successi che di contraddizioni – è stata la scintilla che suscitato così tanto interesse nei nostri visitatori».

American Art 1961-2001, exhibition view, Palazzo Strozzi, Firenze, 2021. © photo Ela Bialkowska, OKNOstudio

L’America nei diari

Per il Fuorimostra di American Art 1961-2001 sono stati selezionati ventuno luoghi in Toscana capaci di narrare o evocare la vita e l’arte statunitense. Tra questi, nel Piccolo museo del diario di Pieve Santo Stefano – attraverso le memorie raccolte dall’Archivio diaristico nazionale – sono narrate in modo vivido le storie di quanti hanno vissuto o hanno avuto rapporti con gli Stati Uniti. Alice Belfiore ha selezionato per Palazzo Strozzi alcuni brevi, ma straordinari, ricordi.

Esistono testi preziosi e intimi, animati dalla voglia di raccontare e confidarsi. Storie coraggiose, dense di emozioni, in cerca di un futuro florido da garantire ai propri cari o semplicemente a se stessi. Sono le storie di tanti italiani che nel tempo si sono avventurati verso terre lontane per cercare fortuna, amore, avventure o arricchire il proprio bagaglio culturale.
Molte di queste storie le troviamo all’interno del Piccolo museo del diario di Pieve Santo Stefano, un borgo che durante la Seconda guerra mondiale venne raso al suolo dai soldati tedeschi in ritirata, nel tentativo di cancellarne la memoria. Fu proprio da queste ceneri che risorgerà come una fenice una casa della memoria collettiva italiana: l’Archivio diaristico nazionale, fondato nel 1984 dal giornalista e scrittore Saverio Tutino per raccogliere e conservare diari, memorie, epistolari della gente comune.

Alcuni quaderni conservati all’interno dell’Archivio dei diari, foto Luigi Burroni

Molti anni più tardi, nel 2013, per dare modo a tutti di scoprire, leggere e ascoltare queste storie, venne aperto il Piccolo museo del diario, diventato sin da subito la tappa prediletta da quanti interessati a scoprire una parte insolita della nostra storia. Si tratta di un museo molto piccolo, ma allo stesso tempo potenzialmente infinito, grazie agli strumenti digitali: le storie che qui sono raccolte e raccontate sono quelle conservate in Archivio, ma sono state appositamente digitalizzate così da renderle facilmente fruibili, intercambiabili e sostituibili.
Chi entra nel museo, decide di accogliere nella propria vita le storie di queste persone come atto di conoscenza e amore del nostro passato, come – in occasione della mostra American Art 1961-2001 – le testimonianze dei diaristi che hanno vissuto un periodo negli Stati Uniti o che hanno avuto una relazione con il Paese tra il 1961 e il 2001.

Tommaso Bordonaro, contadino siciliano, descrive la “spartenza” dall’Italia nel 1947 utilizzando una lingua impastata di vocaboli dialettali e inglesi, tanto sgrammaticata quanto autentica. Emozionante la parte in cui, dalla nave, intravede la Statua della Libertà:

Io sono stato fino alle 23 in guardia di vedere di più, così ho visto la illuminazione: era una bellissima veduta. Alle ore una di notte del 27 abiamo arrivati quasi alla statua, e che si vedi una belleza! Una illuminazione bellissima. Le nave chi va chi vieni tutti illuminati: una veduta per me mai vista. La mattina alle ore 5 abiamo passato la statua e ci siamo entrati in porto con la Marine Shark. La emuzione era forte a vedere, con quella neve che il freddo era tremente, tutta quella genti che chiamava chi un nome chi un altro, chi piangeva, chi gridava, tutte quel macchine, chi correva, chi fischiava, insomma una folla immensa, chi non conosceva la sua famiglia e una veduta di palazi che facevano impressione a guardarli, macchine, villi che pareva veramente il paradiso che noi non abiamo ancora visto.

Il diario di Tommaso Bordonaro, foto di Luigi Burroni

Salvatore Di Biase ci regala uno spaccato di vita americana negli anni del New Deal:

“Arrivarono le election day, andai ha votare mi sentivo tutto orgoglioso di andare a votare, era tutto diverso, a New York e come quasi tutti gli stati uniti si votava senza scheda con pulsanti automatici, era molto semplice, una cosa da niente tutto fatto. La sera già si sapeva che aveva vinto Kennedy”.

Un percorso storico ricostruito attraverso le memorie di chi, nonostante le difficoltà, riesce a coronare il sogno di visitare l’America di Jack Kerouac e del celebre romanzo On the Road, una delle letture predilette da Gloria Bartolotti che, nel 1978, scrive:

Ma quella era l’ultima occasione per visitare il paese che ci era venuto in casa nell’età dell’adolescenza con la letteratura e la poesia beat (…) stavo per andare in America come una solitaria pellegrina del Maiflower, come una pioniera dell’avventura. «Almeno terrò un diario!»

Andrea Luschi, nel 1996, affida al diario la cronaca minuziosa del viaggio effettuato in Florida insieme ai figli per assistere al lancio di una navicella spaziale:

Alle 15:18, in perfetto orario sulla tabella di marcia, scorgiamo in lontananza una nuvola di fumo che segnala l’accensione dei motori di Columbia; lo shuttle si alza lentamente verso il cielo, con una fiammata ed un rombo di tuono che mano a mano aumenta di intensità (…) Via via che Columbia sale verso il cielo, aumenta la mia commozione e non posso fare a meno di farmi scappare qualche lacrima di gioia per aver visto realizzato un mio grande sogno .

Qualche anno più avanti l’evento che sconvolse il mondo intero: l’11 settembre 2001. Maria Pia Farneti, dall’animo inquieto e creativo, compone dei disegni che per sempre imprimeranno questa data.

Maria Pia Farneti, foto di Luigi Burroni

Alcune di queste testimonianze si animeranno in un video composto da immagini e voci di attori che interpreteranno le emozioni dei diaristi, visibile, dai primi di agosto, sui canali social del Piccolo museo del diario e online nei canali dell’Archivio dei diari.

All’interno del Piccolo museo del diario tutti possono immergersi nei ricordi intimi e descrittivi di un passato che vivrà per sempre, e che continuerà ad alimentarsi attraverso la sensibilità di chi deciderà di raccontarsi e raccontare.

In copertina: Piccolo museo del diario, foto Luigi Burroni

Servire il futuro: Peggy Guggenheim e l’arte americana

La Collezione Peggy Guggenheim ospita a Palazzo Venier dei Leoni a Venezia una delle collezioni di arte moderna e contemporanea del XX secolo più importanti al mondo. Già protagonista della mostra Da Kandinsky a Pollock. La grande arte dei Guggenheim, con il suo mecenatismo Peggy Guggenheim ha saputo riunire attorno a sé i più grandi artisti dell’epoca, portandoli alla fama negli Stati Uniti che in Europa. Gražina Subelytė (Associate Curator della Collezione Peggy Guggenheim), in occasione della mostra American Art 1961-2001, sottolinea l’importanza del collezionismo della filantropa americana e di come abbia influenzato l’arte d’oltreoceano, e non solo, per gli anni a venire.

Dopo essere fuggita dalla Francia occupata dai nazisti e aver fatto ritorno, nell’estate del 1941, nella natia New York, nell’ottobre del 1942 Peggy Guggenheim apre il suo museo/galleria Art of This Century, e nel comunicato stampa afferma: “Questa impresa avrà raggiunto il suo obiettivo solo se riuscirà a servire il futuro invece di registrare il passato”. Di fatto Art of This Century diventa ben presto il luogo più innovativo e stimolante dove poter assistere alle più recenti sperimentazioni artistiche.

Joseph Cornell, Untitled (Canis Major Constellation), 1960 circa,  legno, vetro, sughero, gomma, metallo, sabbia, carta, pittura cm 19,4 × 32,9 × 8,9. Minneapolis, Walker Art Center. Art © The Joseph and Robert Cornell Memorial Foundation By SIAE 2020

La prima mostra temporanea qui organizzata comprende delle bottiglie di Laurence Vail, artista Dada e primo marito di Peggy Guggenheim, e delle scatole magiche dell’americano Joseph Cornell, alcune delle quali oggi esposte alla Collezione Peggy Guggenheim, a Venezia. Cornell raccoglieva oggetti disparati che poi assemblava in composizioni tematicamente coerenti. Il suo archivio, una sorta di gabinetto delle curiosità, comprendeva migliaia di oggetti, anche effimeri, raccolti nell’arco di una vita. Appassionato narratore, riusciva a trovare un’unità di fondo nella diversità ed era inoltre profondamente affascinato e influenzato dal cosmo e dall’astronomia, come emerge da alcune sue opere, quali Untitled (Canis Major Constellation) (c. 1960), e Eclipsing Binary, Algol, with Magnitude Changes (c. 1965), esposte nella mostra American Art 1961-2001.

Marcel Duchamp, Scatola in una valigia (Boîte-en-Valise), 1941, cm 40,7 x 37,2 x 10,1. Collezione Peggy Guggenheim, Venezia (Fondazione Solomon R. Guggenheim, New York). Photo Matteo De Fina

Accanto alle creazioni di Vail e Cornell, quella prima esposizione ad Art of This Century include anche Scatola in una valigia (1941) di Marcel Duchamp, amico e fedele consigliere di Peggy. Questa valigetta da viaggio, che la collezionista porta con sé dall’Europa, raccoglie 69 riproduzioni di opere dell’artista create prima del 1935 e un “originale”. Tra le riproduzioni figurano, ad esempio, La sposa messa a nudo dai suoi scapoli, anche (Il grande vetro) e alcuni dei più celebri ready-made, come una miniatura dell’orinatoio rovesciato, Fontana, del 1917. Simile alla valigetta di un rappresentante, la “scatola” simula perfettamente, e in scala, l’ambiente di una stanza. Realizzata poco prima che Duchamp si trasferisse a New York durante la seconda guerra mondiale, la “scatola” diventa il modo in cui poter conservare in forma simbolica, in una sorta di piccolo museo portatile, una selezione in miniatura dei lavori. Insieme alle opere della collezione di arte cubista, astratta e surrealista della mecenate americana, lo spirito rivoluzionario delle creazioni di Duchamp, come la nozione stessa di ready-made, esercita una grande influenza sulle generazioni a venire degli artisti d’oltreoceano. Nella mostra American Art 1961-2001, tale aspetto emerge ad esempio nelle opere di artisti come Sherrie Levine, con la sua Fountain (1991), Andy Warhol con Campbell’s Tomato Juice Box (1964), Robert Rauschenberg con décor for Minutiae (1954/76), Jasper Johns con Set Elements for Walkaround Time (1968).

Mark Rothko, Sacrificio (Sacrifice), aprile 1946, acquerello, guazzo e inchiostro di china su carta, cm 100,2 x 65,8. Collezione Peggy Guggenheim, Venezia (Fondazione Solomon R. Guggenheim, New York)

Soprattutto, Art of This Century (1942-1947) serve il futuro invece di registrare il passato, andando a esporre molti giovani artisti americani allora sconosciuti, tra cui Jackson Pollock, Mark Rothko e Clyfford Still, le cui opere sono tuttora esposte a Venezia. All’epoca il lavoro di Rothko era ancora figurativo e carico di valenze mitologiche di matrice surrealista, ma alla fine degli anni ’40 volge alla completa astrazione, contribuendo allo sviluppo della pittura Color Field, basata su ampie campiture di colore, come si osserva nel suo dipinto No. 2 (1963), attualmente in mostra a Palazzo Strozzi.

Mark Rothko,  No. 2, 1963, olio, acrilico e colla su tela, cm 203,8 x 175,6.  Minneapolis, Walker Art Center © 1998 Kate Rothko Prizel & Christopher Rothko / ARS, New York
American Art 1961-2001
, exhibition view Palazzo Strozzi, Firenze, 2021.© photo Ela Bialkowska, OKNOstudio

Grazie a Peggy Guggenheim, il lavoro di questa nuova generazione di artisti americani viene presentato per la prima volta al di fuori dagli Stati Uniti in occasione della Biennale di Venezia del 1948, dove la mecenate viene invitata a presentare la sua collezione negli spazi del Padiglione greco, allora vuoto a causa della guerra civile che imperversava in Grecia. È la prima volta che in Italia viene esposta una raccolta così esaustiva di arte moderna. Ma il padiglione di Peggy Guggenheim assume un’importanza ancora maggiore, poiché quell’anno il Padiglione degli Stati Uniti apre in ritardo, diverse settimane dopo, e così è il suo padiglione a rappresentare in qualche modo il paese durante l’inaugurazione e ad accogliere l’allora ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, James Dunn.

Jackson Pollock, Alchimia (Alchemy), 1947, olio, pittura d’alluminio, smalto alchidico con sabbia, sassolini, filati e bastoncini spezzati di legno su tela, cm 114,6 x 221,3. Collezione Peggy Guggenheim, Venezia (Fondazione Solomon R. Guggenheim, New York)

Al termine della Biennale, la collezione di Peggy Guggenheim attraversa una fase “nomade” che dura circa due anni, durante la quale viene esposta anche a Palazzo Strozzi, nel 1949, dove sono presentate anche Scatola in una valigia di Duchamp e opere di artisti americani come Robert Motherwell, Pollock e Rothko. La mecenate continua a promuovere Pollock e nel 1950 organizza una sua personale nell’Ala Napoleonica del Museo Correr, in piazza San Marco a Venezia. Si tratta della prima personale dell’artista al di fuori degli Stati Uniti e vi sono esposti anche dieci suoi dripping. Suscita shock ed entusiasmo negli artisti italiani di generazioni differenti, dai più anziani ai più giovani, poiché l’idioma visivo astratto di Pollock è senza precedenti e decisamente radicale. E altrettanto radicali e progressisti sono gli sforzi compiuti da Peggy Guggenheim nel sostenere gli artisti americani e nell’introdurli a un nuovo pubblico, garantendo l’importanza e la continuità della loro eredità che, attraverso la contestazione, il cambiamento o l’accettazione, è oggi riflessa nelle opere esposte nella mostra American Art 1961-2001. L’obiettivo di servire il futuro piuttosto che registrare il passato è stato raggiunto.

Gli Amici di Palazzo Strozzi entrano gratuitamente alla Collezione Peggy Guggenheim e i possessori del biglietto di American Art 1961-2001 hanno diritto a un ingresso ridotto al museo veneziano (€ 13 invece di € 15).

I soci della Collezione Peggy Guggenheim entrano gratuitamente a Palazzo Strozzi. I possessori del biglietto della Collezione hanno diritto al biglietto ridotto per la mostra American Art 1961-2001 (€ 12 invece di € 15).

In copertina: Peggy Guggenheim nella sala da pranzo di Palazzo Venier dei Leoni, Venezia, anni ’60. Da sinistra: Vasily Kandinsky, Paesaggio con macchie rosse, n. 2 (Landschaft mit roten Flecken, Nr. 2, 1913); Georges Braque, Il clarinetto (La Clarinette, estate autunno 1912); Giacomo Balla, Velocità astratta + rumore, 1913–14; Louis Marcoussis, L’Habitué (1920); Umberto Boccioni, Dinamismo di un cavallo in corsa + case (1914–15); Albert Gleizes, Donna con animali (Madame Raymond Duchamp-Villon) (La Dame aux bêtes [Madame Raymond Duchamp-Villon]), terminato nel febbraio 1914; tutte le opere sono in Collezione Peggy Guggenheim. Foto Archivio Cameraphoto Epoche. Fondazione Solomon R. Guggenheim, Venezia, Donazione, Cassa di Risparmio di Venezia, 2005.

Bruce Nauman: Contrapposto Studies

A Punta della Dogana, Venezia, dal 23 maggio 2021 al 9 gennaio 2022 è in mostra Bruce Nauman: Contrapposto Studies, a cura di Carlos Basualdo (The Keith L. and Katherine Sachs Senior Curator of Contemporary Art al Philadelphia Museum of Art) e Caroline Bourgeois (conservatrice presso la Pinault Collection). La mostra rende omaggio alla figura di Bruce Nauman, presente anche nella mostra American Art 1961-2001 con l’opera Art Make-Up (1967-1968). Di seguito un estratto da Volver sobre sus pasos di Carlos Basualdo, pubblicato nel catalogo della mostra, edito da Marsilio Editori.

Dal 2015 Bruce Nauman è impegnato nella realizzazione di una serie di opere, per lo più videoinstallazioni ma anche un collage preparatorio e un modellino in scala, che a prima vista sembrano un riesame o una continuazione di uno dei suoi primi video, Walk with Contrapposto del 1968. Nauman lavora spesso in serie, creando gruppi di opere che insieme vanno a comporre un’espressione artistica che abbraccia, o definisce nei suoi limiti, uno o più interrogativi. Prima di iniziare a realizzare la serie di proiezioni confluita nei Contrapposto Studies, aveva ampiamente esplorato i cambiamenti dei giorni della settimana in installazioni come Days e Giorni del 2009, e le possibili combinazioni delle posizioni delle sue dita in diversi disegni, video (For Beginners (all the combinations of thumb and fingers), 2010) e registrazioni sonore. Il suono e la composizione hanno sempre suscitato l’interesse di Nauman e sono un elemento centrale anche di questa serie recente. La differenza più sorprendente rispetto ai lavori precedenti sta nella scelta di una vecchia opera come punto di partenza. Sebbene questo sia un gesto ricorrente per molti artisti, a Nauman non accade spesso. Nell’ambito della sua pratica, la decisione di tornare sui suoi passi sembra costituire un’eccezione radicale.

Bruce Nauman, For Beginners (all the combinations of thumb and fingers), 2010, Collection of the Los Angeles County Museum of Art and Pinault Collection. Courtesy Sperone Westwater, New York. Installation View, Bruce Nauman: Contrapposto Studies at Punta della Dogana, 2021. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi © Bruce Nauman by SIAE 2021

Nauman ha affermato che con queste nuove opere intendeva realizzare qualcosa che non era stato tecnicamente possibile, o fattibile, alla fine degli anni sessanta, quando aveva registrato Walk with Contrapposto. In quel video, vediamo l’artista camminare avanti e indietro lungo un corridoio stretto, che lui stesso aveva realizzato, con le mani intrecciate dietro la testa e il corpo che ondeggia mentre cerca di camminare in linea retta mantenendo una posa in contrapposto. Lo vediamo camminare fino alla fine del corridoio, il suo corpo si allontana a ogni passo, poi torna verso di noi, mentre lo sfondo rimane invariato. Nauman ha deciso di invertire il rapporto tra uomo e contesto per farli agire esattamente all’opposto: la figura è ferma mentre lo sfondo si muove[1]. Qualche decennio prima, i mezzi tecnologici a sua disposizione non gli avevano permesso di raggiungere questo risultato, e ora la possibilità di farlo sembra sia stata la motivazione per rinnovare il tentativo nei nuovi lavori. L’unico modo per ottenere l’effetto desiderato è riprendere la figura in movimento e poi utilizzare uno zoom digitale in postproduzione, facendo sì che l’inquadratura sul corpo dell’artista rimanga invariata. Esattamente ciò che Nauman intendeva fare.

Bruce Nauman, Contrapposto Studies, I through VII, 2015-2016, Jointly owned by Pinault Collection and the Philadelphia Museum of Art. Installation View, Bruce Nauman: Contrapposto Studies at Punta della Dogana, 2021. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi © Bruce Nauman by SIAE 2021

Nauman ha accennato al fatto che, prima di scegliere Walk with Contrapposto, aveva guardato alcuni dei suoi primi video con l’intenzione di individuarne uno adatto a essere rivisitato. Cosa di per sé notevole, poiché notoriamente Nauman evita di guardare i suoi primi film e video, anche durante le mostre. Una delle opere che ha preso in considerazione è Slow Angle Walk (Beckett Walk) (1968), ma ha abbandonato presto l’idea a causa della complessità dei movimenti che richiede. Da ciò si deduce che fin dall’inizio avesse intenzione di eseguirli di persona. Tuttavia, ha anche accennato al tentativo di usare qualcun altro al suo posto per i nuovi video, e di avere poi cambiato idea. All’epoca Nauman si stava riprendendo da una malattia che lo affliggeva da diversi mesi e questo lavoro gli offrì l’opportunità di mettere alla prova il senso di equilibrio e la resistenza fisica. L’impulso alla base della realizzazione dei Contrapposto Studies sembra essere stato il desiderio di tornare a un’opera giovanile per ottenere qualcosa che non era stato possibile realizzare in origine – essenzialmente ribaltando il concetto alla base del lavoro esistente – e per mettere alla prova il suo equilibrio allo scopo di valutare la propria condizione fisica. L’obiettivo iniziale dunque era sia concettuale sia puramente pratico.

[1] Le considerazioni di Bruce Nauman riportate in questo saggio sono tratte dalle interviste fatte all’artista da chi scrive nel 2016 e 2017, durante le quali si discusse della genesi e della creazione dei Contrapposto Studies.

Bruce Nauman, (from left to right), Stamping in the Studio, 1968, Bouncing in the Corner, No.2: Upside Down, 1969, Electronic Arts Intermix, Bouncing in the Corner, No. 1, 1968, Pinault Collection. Courtesy of the artist and Electronic Arts Intermix (EAI), New York Installation View, Bruce Nauman: Contrapposto Studies at Punta della Dogana, 2021. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi © Bruce Nauman by SIAE 2021

Gli Amici di Palazzo Strozzi entrano gratuitamente alla mostra Bruce Nauman: Contrapposto Studies e i possessori del biglietto di American Art 1961-2001 hanno diritto al biglietto ridotto (€ 12 invece di € 15).

I titolari della Membership di Palazzo Grassi e Punta della Dogana entrano gratuitamente a Palazzo Strozzi. I possessori del biglietto della mostra di Punta della Dogana hanno diritto al biglietto ridotto per la mostra American Art 1961-2001 (€ 12 invece di € 15).

In copertina: Bruce Nauman, Contrapposto Studies, I through VII, 2015-2016 Jointly owned by Pinault Collection and the Philadelphia Museum of Art. Installation View, Bruce Nauman: Contrapposto Studies at Punta della Dogana, 2021. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi © Bruce Nauman by SIAE 2021

La grande arte americana a Palazzo Strozzi

Negli ultimi mesi segnati dalla chiusura dei nostri spazi espositivi, i due grandi progetti site specific di Marinella Senatore e JR hanno permesso di riflettere sull’idea di comunità, condivisione, fruizione della cultura, creando un inedito dialogo tra Palazzo Strozzi e lo spazio pubblico, fisico e digitale. Sono stati progetti che hanno avuto un’eco enorme, dalla stampa ai social media, passando per il passaparola delle persone che sono riuscite a vedere le due grandi installazioni. Con American Art 1961-2001, finalmente, torniamo ad aprire una grande mostra all’interno del Palazzo dopo sette mesi dalla chiusura di Tomás Saraceno. Aria. Si tratta di un’occasione speciale, sia perché questa esposizione segna la riapertura di Palazzo Strozzi, ma anche per l’eccezionalità dell’esposizione: uno straordinario percorso fatto di capolavori della storia dell’arte del Novecento, importanti e iconiche opere di artisti che hanno segnato l’arte americana dall’inizio della Guerra del Vietnam fino all’attacco dell’11 settembre 2001.

Sono oltre 80 le opere che sono arrivate a Firenze direttamente dagli Stati Uniti, in prestito dal Walker Art Center di Minneapolis. L’arrivo delle casse nel cortile è stato, per Palazzo Strozzi e per la città, un simbolo di rinascita: l’arte diventa nuovamente fruibile in presenza e non più solo a distanza. Il trasporto e l’installazione di così tante opere, in un’epoca così difficile, sono stati resi possibili dal lavoro degli staff di Palazzo Strozzi e del Walker Art Center che si sono ritrovati ad affrontare nuove sfide logistiche, per realizzare secondo i protocolli di sicurezza aggiuntivi tutte le operazioni necessarie all’apertura della mostra.

A cura di Vincenzo de Bellis (Curator and Associate Director of Programs, Visual Arts, Walker Art Center) e Arturo Galansino (Direttore Generale, Fondazione Palazzo Strozzi) American Art 1961-2001 è il frutto di quattro anni di lavoro e di stretta collaborazione tra i due istituti. La mostra testimonia la poliedrica produzione artistica americana propone un’inedita rilettura di quarant’anni di storia affrontando temi come lo sviluppo della società dei consumi, la contaminazione tra le arti, il femminismo, le lotte per i diritti civili. Il percorso espositivo parte da figure fondamentali come Mark Rothko, Robert Rauschenberg e Andy Warhol, di cui sono presentate ben 12 opere, celebrando la grande stagione dell’arte degli anni Sessanta, testimoniata anche dalle opere di maestri come Donald Judd, Robert Morris, Bruce Nauman.A questi fanno seguito la riflessione sulla figura della donna di Cindy Sherman, le appropriazioni dal mondo della pubblicità di Richard Prince e Barbara Kruger, la fotografia provocatoria e allo stesso tempo intimista di Robert Mapplethorpe, o le inquietanti narrazioni posthuman di Matthew Barney. Un focus speciale è dedicato inoltre alle più recenti ricerche artistiche, tra cui spiccano autori centrali nella riflessione sull’identità americana come Paul McCarthy e Catherine Opie o figure di riferimento per la comunità afroamericana quali Kerry James Marshall e Kara Walker.

A conclusione del primo weekend di mostra, oltre 2000 visitatori hanno ammirato le opere dei grandi maestri dell’arte americana a Palazzo Strozzi. Questo numero costituisce un importante segnale di ripartenza della vita culturale, sociale ed economica del nostro territorio. I visitatori hanno dimostrato da subito grande entusiasmo e questo testimonia non solo la qualità delle nostre proposte, ma soprattutto quanto sia importante che le persone riprendano a frequentare mostre, musei e luoghi della cultura per riappropriarsi delle città all’insegna dell’arte e della bellezza.

In copertina: American Art 1961-2001, exhibition views, Palazzo Strozzi, Firenze, 2021. © photo Ela Bialkowska, OKNOstudio