Guardare la guerra

In occasione della mostra Yan Pei-Ming. Pittore di storie abbiamo chiesto ad Andrea Sceresini, giornalista freelance e autore di inchieste e reportage di guerra, di ispirarsi alle riproduzioni di Yan Pei-Ming delle copertine del «TIME» con Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky per descrivere il conflitto tra Russia e Ucraina, partendo dalla sua esperienza diretta sul campo.
Andrea Sceresini è un giornalista freelance e ha seguito il conflitto in Ucraina fin dal 2014 per Rai, Sky, Mediaset, l’Espresso, la tv tedesca Rtl e altre testate. Come reporter ha lavorato anche in Venezuela, in Egitto e in Transnistria. Ha pubblicato, tra gli altri, il libro Ucraina, la guerra che non c’è (Baldini e Castoldi, 2022).
L’articolo è accompagnato dalle foto di Alfredo Bosco, fotoreporter freelance che si occupa del conflitto in Ucraina.

Attenzione: alcune immagini potrebbero turbare i lettori.

I volti di Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky – messi l’uno di fronte all’altro in questi due trittici di Yan Pei-Ming – sono gli emblemi viventi del conflitto che dal 24 febbraio 2022 sta devastando l’Ucraina. Viste oggi, dalla nostra prospettiva, le posizioni di Mosca e quelle di Kiev appaiono assolutamente inconciliabili, proprio come i visi contrapposti dei due presidenti. Eppure, quando nel 2014 si iniziò a combattere nel Donbass, in pochi avrebbero immaginato un epilogo così catastrofico. Fino a pochi mesi prima, il separatismo filorusso nell’est dell’Ucraina era un fenomeno praticamente inesistente (il partito Doneckaja Respublika riusciva a portare in piazza, quando andava bene, una trentina di persone), e lo stesso valeva, dall’altra parte, per l’ultranazionalismo anti-moscovita. Il fatto è che russi e ucraini avevano sempre convissuto in pace: parlavano due lingue praticamente sovrapponibili, avevano la stessa religione e una storia comune che affondava le radici nell’antico impero degli zar.

Yan pei-Ming, Vladimir Putin, Tsar of The New Russia (det.), 2008. Photography: Clérin-Morin © Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris, 2023
Yan pei-Ming, Volodymyr Zelensky & The Spirit of Ukraine (det.), 2022. Photography: Clérin-Morin © Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris, 2023

Quando sono arrivato per la prima volta a Donetsk, nell’ottobre 2014, non era raro che all’interno della stessa famiglia ci fosse chi tifava per Kiev e chi per Mosca. La gente era tendenzialmente molto spaesata, e in tanti ancora si illudevano che tutto quell’affare si sarebbe risolto in tempi brevi e senza troppe conseguenze. Da allora, a colpi di propaganda – e di bombe, e di carri armati – il germe dello sciovinismo più brutale è stato seminato in abbondanza su entrambi i lati del fronte. A detta dei media moscoviti, gli ucraini sono tutti “nazisti”, mentre i telegiornali di Kiev hanno ribattezzato i russi con un termine decisamente più aulico: li chiamano “gli orchi”. In quest’ottica, anche le notizie di cronaca spicciola hanno subito una serie di sostanziali modifiche.

Nel 2014, mentre ero a Donetsk, la città fu colpita dall’esercito ucraino: “I separatisti si bombardano da soli per dar la colpa ai nostri”, scrissero i giornali governativi. Un paio di mesi dopo, quando i russi tirarono sul mercato di Mariupol, i quotidiani del Cremlino titolarono esattamente allo stesso modo: “Gli ucraini si bombardano da soli per dar la colpa ai separatisti”. Il tutto suonava così estraniante da risultare quasi comico, ma la propaganda del resto è sempre stata allergica all’autoironia. Paradossalmente, coloro che meno di tutti digeriscono questo tipo di réclame bellicistica sono proprio quelli che la guerra la vedono più da vicino. Non ho mai conosciuto – salvo rare eccezioni – dei soldati che fossero entusiasti di ammazzare o farsi sparare addosso.

La Russia e l’Ucraina sono due Paesi molto poveri e molto corrotti, dove chiunque abbia qualche capitale da parte non ci pensa due volte a pagare un medico per farsi esentare dalla naja. Il risultato è che nelle trincee ci finiscono spesso i più disgraziati, i quali appena possono gettano a terra il fucile e cercano di tornarsene a casa. Lo scorso anno, sul fronte di Lyman, ha fatto notizia la storia di un intero reparto ucraino che aveva deciso di abbandonare la prima linea e di nascondersi in un bosco. Episodi simili accadono spesso anche sul lato russo: giusto qualche settimana fa ho intervistato un ex ufficiale di San Pietroburgo che pur di farsi rispedire nelle retrovie aveva convinto un suo sottoposto a sparargli un colpo di Kalashnikov nelle gambe.

Ucraina; Kharkiv; 2022. Oggetti tra le macerie di un edificio colpito ripetutamente dall’artiglieria dell’esercito russo nella periferia di Kharkiv.
Foto: Alfredo Bosco

Per capire qualcosa in più sul famigerato esercito di Putin, nell’ottobre 2022 sono volato in Buriazia, nella Siberia più profonda, che è il luogo da cui sono partiti molti dei volontari russi che hanno partecipato alle prime fasi dell’invasione. Non ho trovato villaggi popolati da guerrieri, ma solo tanta povertà e una lunga distesa di fosse fresche nei cimiteri. Ai soldati morti in Ucraina il governo locale corrisponde un risarcimento di 140mila dollari, che per chi vive nelle steppe attorno al lago Baikal è una cifra favolosa: in molti – banalmente – si sono arruolati per questa ragione.

Ucraina; Donbass; 2022. SPG-9 utilizzato contro la posizione russa. Frontiera del Donbass con i membri di Svoboda Rossii. La legione fa parte dell’esercito ucraino ed è composta da disertori dell’esercito russo e altri volontari provenienti dall’ex blocco sovietico.
Foto: Alfredo Bosco
Ucraina; Kyiv (Kiev); 2022. Ponte di Irpin. Ogni giorno centinaia di abitanti di Irpin attraversano i resti del ponte per raggiungere la stazione ferroviaria della capitale ed evacuare. Il ponte è stato distrutto per impedire un’avanzata russa. Gli abitanti di Irpin sono costantemente sotto il fuoco dell’artiglieria russa.
Foto: Alfredo Bosco

Un giorno, mentre cercavo testimonianze nei dintorni del capoluogo Ulan-Udė, mi sono imbattuto in un vecchio che raccoglieva patate. Gli ho chiesto cosa pensasse degli ucraini, e lui mi ha risposto la cosa più semplice del mondo: “Cosa devo pensare? Tutto ciò che so di loro è che sono contadini come noi e non mi hanno mai fatto nulla di male”. Quando al posto dei ritratti di Putin e Zelensky ci saranno i volti di due contadini con la barba ispida e le mani callose, forse allora la guerra finirà per davvero.

Ucraina; 2023. Ritratto di Yatagan, combattente russo, membro di Svoboda Rossii nell’area del Donbas. La legione fa parte dell’esercito ucraino ed è composta da disertori dell’esercito russo e altri volontari provenienti dall’ex blocco sovietico.
Foto: Alfredo Bosco
Ucraina; 2023. Ritratto di Cesar, membro di Svoboda Rossii nell’area del Donbas. La legione fa parte dell’esercito ucraino ed è composta da disertori dell’esercito russo e altri volontari provenienti dall’ex blocco sovietico.
Foto: Alfredo Bosco

Tra Pier Paolo Pasolini, Aldo Moro e Yan Pei-Ming

In occasione della mostra Yan Pei-Ming. Pittore di storie abbiamo chiesto a Franco Zabagli, filologo ed esperto di Pier Paolo Pasolini, di approfondire il legame di Yan Pei-Ming con il poeta, scrittore e regista italiano.
Franco Zabagli lavora presso il Gabinetto Vieusseux di Firenze, dove ha curato il fondo dei manoscritti di Pasolini conservati nella sezione dell’Archivio Contemporaneo ‘Alessandro Bonsanti’. Su Pasolini ha scritto numerosi saggi raccolti nel volume Filologia minima su Pasolini e altro (Ronzani Editore, 2022). Ha curato con Walter Siti i ‘Meridiani’ Per il cinema (Mondadori); la monografia Mamma Roma. Un film di Pier Paolo Pasolini (Cineteca di Bologna), e la riedizione anastatica di Poesie a Casarsa (Ronzani Editore). Ha curato le mostre, e i cataloghi, Pier Paolo Pasolini. Dipinti e disegni dall’Archivio Contemporaneo del Gabinetto Vieusseux (2000) e Pasolini. Dal Laboratorio (2010).

Nell’arte di Yan Pei-Ming la presenza di temi figurativi riguardanti Pier Paolo Pasolini è una traccia rivelatrice dei forti significati che emanano dai suoi dipinti maestosi, dove la materia della pittura torna a confrontarsi con le forme e i linguaggi della contemporaneità, dando del nostro tempo una rappresentazione dai sorprendenti risultati poetici.

Nella mostra in corso a Palazzo Strozzi il trittico che accoglie il visitatore nella prima sala è un autoritratto a figura intera, dove l’artista si rappresenta con l’abbandono e l’inerme nudità di un uomo crocifisso. Un’intima assunzione in se stesso del simbolo cristiano come archetipo universale del dolore umano, che verso la fine della mostra ritroviamo ancora in una solenne Crocifissione esemplata dai fotogrammi finali del Vangelo secondo Matteo: collocata, quest’ultima, fra due quadri “storici” che si fronteggiano: il ritrovamento del corpo massacrato di Pasolini all’Idroscalo di Ostia, e quello di Aldo Moro, abbandonato nel bagagliaio della Renault in via Caetani. Entrambi, replicando in grandi dimensioni lo scatto fotografico diffuso dalle agenzie di stampa, e rimasto indelebile nella memoria di tutti.

Aldo Moro e Pier Paolo Pasolini alla prima di Edipo re alla 28ª Mostra del Cinema di Venezia (settembre 1967). Foto Farabola / Bridgeman Images

L’acme tragica su cui Yan Pei-Ming concentra la scelta dei propri soggetti è desunta dalle foto dei giornali, da emblemi pop e immagini private come dai capolavori della storia dell’arte e dalla sublime iconografia religiosa, quella stessa su cui Pasolini, con la sua raffinata cultura figurativa, ricompone il particolare realismo del suo cinema, dove la passione di Cristo torna più volte a ripetersi nel destino di personaggi “umili”, come il ladrone affamato della Ricotta, o il figlio di Mamma Roma legato in carcere al letto di contenzione, e inquadrato dalla macchina da presa secondo il taglio prospettico di un “Cristo morto”. Proprio da quest’ultima immagine di Mamma Roma Yang Pei-Ming aveva ricavato un quadro esposto in una mostra romana a Villa Medici, per la quale l’artista aveva ridipinto a suo modo anche il più eminente fotogramma del Neorealismo italiano, quello di Anna Magnani crivellata dalle mitragliatrici tedesche in Roma città aperta.

Yang Pei-Ming, Pasolini, Mamma Roma, 2015.
Photographie: André Morin © Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris, 2023
Yang Pei-Ming, Rossellini, Roma città aperta, 2015.
Photographie: André Morin © Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris, 2023

La Storia che Yang Pei-Ming dipinge non è più quella interpretata dalle articolazioni di un pensiero o mossa dalle forze di un’ideologia, ma un mausoleo di tragedie diventate atemporali, di potenti della Terra fissati nel trono e nella polvere della loro parabola, dove insieme alla morte di Pasolini e di Moro si allineano i d’après della “Morte di Marat” di David, le fucilazioni del “3 maggio 1808” di Goya, il Mao dei ritratti ufficiali di Grande Timoniere, Putin e Zelensky incorniciati nella copertina di “Time”, Mussolini e la Petacci appesi a Piazzale Loreto, con una potenza di effetto che richiama l’immagine iniziale dei Pisan Cantos di Ezra Pound: “Thus Ben and la Clara a Milano / by the heels at Milano…” (“Così Ben e la Clara a Milano / per i calcagni a Milano…”).

Yang Pei-Ming, Ostia, 2 novembre 1975, 2023.
Photographie: André Morin © Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris, 2023
Yang Pei-Ming, Aldo Moro (9 May 1978, Rome), 2017.
Photographie: André Morin © Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris, 2023

In alcuni versi scritti all’inizio degli anni Sessanta, di fronte alla rapidissima mutazione che il Neocapitalismo planetario operava ormai ovunque e in ogni cosa, Pasolini riconosce una sorta di apocalisse ormai accaduta, e definisce il suo tempo una “Dopostoria”, o “nuova Preistoria”. Sempre in quegli anni, nel film La rabbia, una sorta di poema d’immagini fatto di spezzoni di cinegiornali, Pasolini allinea in una lunga sequenza le guerre del Novecento e le voraci espansioni della modernità, stragi e splendori mondani, nuove metropoli e Terzo mondo, megalomanie del denaro ed epifanie del Potere, Kruscev e Kennedy, Pio XII e Papa Giovanni, l’incoronazione di Elisabetta II e, struggente, Marylin Monroe, quasi un simbolo sacrificale del passaggio dal “mondo antico” al “mondo moderno”. Proprio a questa “fine della Storia”, così precocemente riconosciuta da Pasolini, Yan Pei-Ming sembra voler erigere una galleria di icone monumentali: un voto immenso e severo, da eseguire manualmente, con pazienza religiosa, e pennelli, spatole, parsimonia di colori.

In questi suoi quadri, ciò che accomuna la compresenza di temi storici e temi privati è una nobile meditatio mortis, dove sembrano compenetrarsi l’idea della vacuità buddhista e della cristiana vanitas, che, come tema iconografico, ricorre in mostra nel “Campo di crani rossi”, dove su una larga superficie orizzontale l’artista ha replicato ad acquerello la TAC del suo stesso cranio. Immaginare la propria morte anche in simili dettagli figurativi è del resto un esercizio spirituale comune alle due tradizioni. Pasolini, sempre esistenzialmente aperto ai misteri del sacro, ha immaginato più volte in forma poetica la propria morte (ricordo la poesia in friulano Il dì de la me muart, o il poemetto Una disperata vitalità); e Yan Pei-Ming, nella sala dove campeggia il complesso polittico dei “Funerali di Monna Lisa”, colloca un ritratto di se stesso giovane e defunto di fronte a un ritratto del padre anziano, creando un’enigmatica corrispondenza famigliare col volto della Gioconda, e soprattutto col paesaggio di sfondo, dilatato in due immensi pannelli laterali verso un orizzonte ultimativo di roccia e tenebre.

Yan Pei-Ming, Champ de crânes rouges, 2023.
Photographie: André Morin © Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris, 2023

Ancora un’analogia: l’amore, la devozione di entrambi per la madre. Scrive Pasolini nella celebre Supplica a lei dedicata: “Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire. / Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…”. Yan Pei-Ming dedica in questa mostra alla madre un’iconostasi di tre quadri: un gigantesco ritratto del suo volto minuto di vecchia dove quasi ci ipnotizza la mitezza, l’umiltà dello sguardo, un Buddha arancio dorato, memoria di quelli che l’artista disegnava da bambino per lei, e il Paradiso dove s’immagina che la madre ora sia: una rarefazione pressoché tutta bianca, un vuoto immacolato dove appena si arriva a distinguere – “in un futuro aprile…” – un ramo fiorito.

Tra Oriente e Occidente, guidati dal Piccolo Drago

In occasione della mostra Yan Pei-Ming. Pittore di storie abbiamo chiesto a Xiuzhong “Gianni” Zhang, da anni amico di Yan Pei-Ming, di condividere un’intima riflessione sull’arte del maestro franco-cinese. I due sono accomunati da origini ed esperienze di vita simili, caratterizzate da una commistione profonda tra Oriente e Occidente.
Xiuzhong Zhang si stabilisce a Firenze dopo la laurea in Scultura all’Accademia di Belle Arti e nel 2013 avvia un’attività come operatore culturale tra l’Italia e la Cina. Ha fondato la Zhong Art International, un’organizzazione che promuove e realizza progetti volti a favorire la conoscenza, il dialogo e gli scambi fra i due paesi nel campo artistico e ha istituito nel 2020 il Fán Huā Chinese Film Festival, di cui è Presidente.

Ho sentito parlare di Yan Pei-Ming per la prima volta nel 2012, quando ero studente all’Accademia di Belle Arti a Firenze e sono andato a Milano per vedere la sua mostra alla Galleria di Massimo De Carlo. Pochi anni dopo, nel 2016, in occasione della mostra di Liu Xiaodong a Palazzo Strozzi, ho avuto un primo contatto diretto con lui: è stato un incontro molto amichevole e dietro suo suggerimento sono andato a Roma per vedere una sua mostra. Durante la sua prima permanenza a Firenze ci siamo frequentati spesso, abbiamo molto parlato di arte e mi ha raccontato degli artisti cinesi che vivono a Parigi. Nel 2021 ci siamo rivisti per caso, ancora a Firenze: si vede che era destino o “yuánfèn”, come dice il buddhismo, ovvero una buona opportunità. Da allora ci scriviamo su WeChat e siamo diventati amici.

Xiuzhong Zhang e Yan Pei-Ming. Foto Chen Zhenhao

L’anno scorso, avendo saputo che avrebbe esposto a Palazzo Strozzi, gli ho mandato un messaggio di congratulazioni: con grande modestia, mi ha ringraziato e qualche mese dopo mi ha scritto che sarebbe venuto dalla Francia per l’organizzazione della mostra. Ci siamo quindi nuovamente incontrati con grande piacere a Firenze durante la chiusura del nostro Fánhuā Chinese Film Festival.

Mi considero fortunato per aver potuto conoscere di persona questo artista. Yan Pei-Ming è una persona speciale, attenta e riservata. Personalmente lo stimo molto, sia dal punto di vista umano che per la sua ricerca artistica. Abbiamo in comune le radici orientali e un’esperienza formativa importante in Occidente: io sono nato e cresciuto in Henan, poi all’età di 20 anni sono arrivato a Firenze, dove mi sono laureato all’Accademia di Belle Arti e ho approfondito la conoscenza e l’analisi dell’arte occidentale; Yan Pei-Ming, nato e cresciuto a Shanghai, è partito per Parigi a 20 anni con il sogno di studiare arte. All’inizio, per mancanza di risorse economiche ha fatto vari lavori e, proprio lavorando in un ristorante, ha conosciuto un artista giapponese che lo ha indirizzato all’Accademia di Digione. Durante la sua formazione è stato aiutato anche dall’amico Zhu Dequn, affermato pittore cinese attivo a Parigi. Anch’io, come Yan Pei-Ming, dopo gli studi sono entrato in contatto con importanti artisti cinesi, che mi hanno incoraggiato nella mia scelta di intraprendere l’attività di promotore e organizzatore culturale tra Cina e Italia. Formati in Oriente, ci siamo stabiliti tutti e due in Europa, immergendoci nell’arte e nel pensiero occidentale, e questo ha arricchito la nostra formazione artistica grazie all’apporto di due culture.

Yan Pei-Ming. Pittore di storie, Palazzo Strozzi, Firenze, 2023. Photo Ela Bialkowska, OKNOstudio

Yan Pei-Ming è da sempre molto attento alle vicende storiche e all’attualità, ai personaggi del passato e del presente. Con la sua pittura restituisce con grande talento espressivo la sua visione, spesso dolorosa e drammatica: volti asiatici, totem spirituali cinesi, tradizioni culturali e simboli popolari rappresentati con colori puri, segni e tratti freschi e immediati. La sua è una fusione inedita di elementi diversi, che colpisce i nostri sensi e il nostro spirito.

L’attenzione ai personaggi storici e alla società contemporanea lo orienta su opere monocrome, con forti contrasti chiaroscurali e pennellate decise. I suoi ritratti sembrano travalicare i limiti del tempo e dello spazio geografico, creando un ponte tra Oriente e Occidente, tra passato e presente, forse per affermare che le vicende e i destini del genere umano sono strettamente legati.

Nell’era post-pandemica le comunità di tutto il mondo sembrano non essersi ancora riprese dall’isolamento sociale e dai traumi psicologici subiti. Le persone hanno messo da parte passioni e ideali di fronte alle priorità dettate dalle difficoltà economiche e la vera comunicazione fra le persone stenta a riprendere. I conflitti spesso nascono da differenze e incomprensioni, per scarsa conoscenza reciproca e assenza di dialogo, come se un fiume invalicabile creasse un ostacolo invalicabile. Personalmente credo che si debbano creare presto dei ponti per rimettere in comunicazione le nostre esistenze.

Yan Pei-Ming. Pittore di storie, Palazzo Strozzi, Firenze, 2023. Photo Ela Bialkowska, OKNOstudio

L’attore Bruce Lee, il cui nome cinese Li Xiaolong significa “piccolo drago” è uno dei soggetti più trattati nei ritratti di Yan Pei-Ming. Le arti marziali e i relativi concetti filosofici espressi nei film hanno ampiamente contribuito ad aprire relazioni tra Oriente e Occidente, presentando dei prodotti cinematografici caratterizzati da elementi delle due culture. Questo personaggio rimane per il mondo occidentale un rappresentante “predefinito” della cultura asiatica ma per tutta la vita Bruce Lee ha sfidato il razzismo e gli stereotipi – attraverso la sua fisionomia orientale, l’aspetto atletico, il taglio dei capelli e un abbigliamento tipicamente americano – cambiando l’immagine convenzionale dei cinesi e dimostrando che possono essere combattivi, forti e sexy. Nel lavoro dell’artista, il ritratto di Bruce Lee sembra voler esprimere al di là degli stereotipi, un desiderio di riconciliazione.

L’Arte è il miglior ponte possibile, di cui gli artisti sono oggi gli architetti, grazie ai quali possiamo sperare di superare le barriere che ci dividono.

Yan Pei-Ming, Bruce Lee, 2007, Collezione privata.
Yan Pei-Ming. Pittore di storie, Palazzo Strozzi, Firenze, 2023. Photo Ela Bialkowska, OKNOstudio

Fino al 3 settembre 2023 a Palazzo Strozzi sarà possibile apprezzare il talento creativo, l’energia e lo stile personale di Yan Pei-Ming, che ci mostra la sua visione del mondo attraverso storie e personaggi, affrontando temi cruciali del passato e del presente, come il potere, l’ingiustizia, la morte, l’oblio, e stratificando con le sue visioni la nostra comune memoria sociale.

In copertina: Yan Pei-Ming, Bruce Lee, 2007. Collezione privata. Photography: Alessandro Zambianchi, Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris, 2023.

Proprio tu

Un attimo fugace, un momento inaspettato, un’esperienza unica e irripetibile. Occasioni più o meno quotidiane, capaci di segnare la nostra memoria. Sono situazioni, eventi, incontri che, impulsivamente, documentiamo per noi o per gli altri. Qui, a Palazzo Strozzi, siamo abituati a situazioni simili. Ogni giorno, centinaia di visitatori immortalano l’attimo, catturano un momento della visita in mostra. Fotografano un’opera, registrano un video di una sala, si fanno un selfie più o meno in posa.
Esiste tuttavia un’opera esposta nella mostra Reaching for the Stars che non è possibile fotografare e questa volta il diritto d’autore non c’entra.

Quest’opera è stata realizzata dall’artista anglo tedesco Tino Sehgal. Artista concettuale tra i più conosciuti e apprezzati al mondo, Sehgal utilizza il corpo, la voce e il movimento, suoi o di altri, per creare delle «situazioni costruite», come le definisce. Non ci sono oggetti, né didascalie che informino sulle opere, non c’è documentazione fotografica o video dei lavori. Tutto deve rimanere nel qui e ora, cristallizzato nell’attimo e fissato nella memoria del fruitore.

In This You (Proprio tu), opera del 2006 acquisita poi dalla Collezione Sandretto Re Rebaudengo, una «scultura vivente» femminile interpreta una canzone per i visitatori, basandosi su un vasto e personale repertorio. La scelta del brano da parte della cantante avviene in autonomia, facendosi ispirare dalla condizione psicologica, fisica o emotiva che percepisce nell’altro. Il risultato è un’esperienza inaspettata, effimera, intima e indimenticabile per entrambi i protagonisti dell’azione. Ogni visitatore riceve in dono una canzone scelta appositamente per lui. Non c’è un copione, non c’è una struttura standard: tutto ruota attorno all’incontro della cantante con il pubblico e in quel momento si crea la magia.

Ogni incontro è unico e irripetibile e le situazioni che si creano sono difficili da descrivere. In maniera del tutto eccezionale, le cantanti hanno condiviso alcuni dei momenti più belli da loro vissuti.

Canto Futura di Lucio Dalla a una coppia. Loro iniziano a guardarsi colpiti e straniti. Dopo un po’ sentono che cambio canzone. In un momento di pausa la ragazza si avvicina e mi chiede: «Ma non canti sempre la stessa canzone! Quindi hai scelto Futura per noi!» Rispondo di sì.
La ragazza allora mi confessa che è una canzone per loro importantissima, collegata a molti momenti significativi della loro vita. Erano scioccati.

G. B.

Coppia sulla cinquantina, probabilmente americana. Canto Something dei Beatles, ascoltano interessati e lui si toglie il cappello. Fin qui tutto normale.
Tornano dopo dieci minuti e lui mi confessa che sono venuti a vedere la mostra principalmente per This You e che hanno girato il mondo seguendo i lavori di Tino Sehgal.
La signora poi mi dice che Something è stato il loro primo ballo da sposati.

V. T.

Signora di mezza età, sola. Canto una canzone. Lei si immobilizza e rimane lì distante, immobile, per tutto il tempo. Ascolta la canzone fino alla fine e non si muove nemmeno quando recito la didascalia. Io penso al peggio.
Poi, piano piano, si avvicina e mi dice che questa è l’unica canzone d’amore che le cantava il suo uomo. Non si capacita dall’emozione. Non so se il suo uomo sia ancora di questo mondo, però lei mi ha detto: «Grazie».

E. N. B.

Canto Make You Feel My Love per un’intera giornata. Tanti momenti belli e intensi! Coppie di tutte le età, genitori con bambini, gruppi di amici: ognuno si emoziona con questa canzone.
In particolare, una signora mi racconta che questa canzone gliela cantava sua mamma negli ultimi giorni di vita in ospedale e che nel risentirla gliel’ha fatta sentire di nuovo più vicina.

V. T.

Uomo solo, sulla settantina, con sciarpa da intellettuale e massa incolta di capelli ricci, perlopiù bianchi.
Tu, tu che sei diverso
Almeno tu nell’universo
Tira dritto, senza guardarmi. Poi ci ripensa, torna indietro e alle spalle mi sussurra: «Lei sicuramente non ci crederà, ma io con Mia Martini c’ho lavorato quasi dieci anni». E scappa via.

E. M.

Mister X ha un’andatura felliniana, sognante, sospeso nel suo mondo. Inevitabile intonare Amarcord.
Si desta dal suo sogno e si ferma a un palmo di naso da me. È stupito, divertito e molto commosso. Mi dice che ha acquistato tutti i film di Fellini in DVD per cominciare a rivederli nel weekend dopo vent’anni.
Mi stringe la mano, dicendo che porterà con sé questo momento e rientra nel suo mondo fatato.

S. F.

È lunedì, giornata molto tranquilla. Passa una coppia di ragazzi giovani e canto una canzone che non canto mai alle coppie: Resistere di La Rappresentante di Lista. La ragazza si blocca e con faccia incredula sussurra «Ma io ce l’ho tatuata questa frase!»
Abbassa la giacca, mi mostra il braccio con il verso che le ho appena cantato. Il verso diceva:
la mia natura è resistere

I. C.

Signora di circa 70 anni. Da sola, sguardo basso. Le canto La ragazza di Ipanema. Lei si anima e si mette a ballare. Scoppia a piangere.
Mi chiede come facevo a sapere che era originaria del Brasile e mi racconta che era stata adottata da una famiglia italiana da piccola.

E. M.

Anche i partecipanti al progetto Corpo Libero, il progetto di Palazzo Strozzi che unisce le opere d’arte e la danza dedicato all’inclusione delle persone con Parkinson, hanno lasciato il loro contributo dopo aver vissuto l’opera di Tino Sehgal durante la loro attività.

Un passaggio enorme
Un obiettivo da raggiungere
Ero guidato da questa voce
Camminavo come se avessi avuto gli occhi aperti
Ho camminato sulle nuvole, come camminare sul vuoto!
Se penso alla sensazione che ho avuto mi riaffiora una certa emozione
E chi se lo aspettava!
Possibile?
Vediamo dove ci porta l’ignoto
Tutta la tensione del corpo si è sciolta
Ho percepito come un abbraccio
Ho aperto gli occhi ma la magia non è svanita, la connessione è rimasta
Cambiare canale percettivo
Come affacciarsi sul Grand Canyon
Lasciare andare
E se domani… io potessi…

Domenico, Elisabetta, Francesco, Giorgio, Ilaria, Lilli, Lorella, Lucia, Marco, Nicoletta, Raniero, Simona, Tiziana

This You di Tino Sehgal (2006) nella mostra Reaching for the Stars è interpretata da: Giorgia Bardelli, Elena Nenè Barini, Nicoletta Cabassi, Ilaria Corsi, Giulia Ferrario, Stefania Forese, Claudia Fossi, Susannah Iheme, Elisa Malatesti, Daniela Pagani, Carolina Sopò Santini, Vittoria Tuci. Per la realizzazione e il coordinamento dell’opera si ringrazia Cora Gianolla.

Incontrarci nel nostro tempo

Olafur Eliasson: Nel tuo tempo, la più grande mostra mai realizzata in Italia dedicata a uno degli artisti contemporanei più originali e visionari della nostra epoca, è stata molto più di un’esposizione. Con la sua straordinaria creatività Olafur Eliasson ha trasformato Palazzo Strozzi in un luogo di partecipazione e condivisione con opere talvolta quasi impercettibili a volte di forte impatto. Oltrepassando i confini e i limiti fisici di uno spazio, ha messo in discussione la nostra distinzione tra realtà, percezione e rappresentazione.

Nel tuo tempo ha raggiunto il risultato di 163.000 visitatori, ponendosi come una delle mostre di maggior successo in Italia nel 2023 e contribuendo, con le esposizioni Donatello, il Rinascimento e Let’s Get Digital!, al risultato di oltre 340mila partecipanti alle mostre di Palazzo Strozzi nell’arco degli ultimi 12 mesi.

163.000 viaggiatori: i pubblici della mostra

Come dichiara Olafur Eliasson: «ognuno di noi in quanto visitatore ha viaggiato e ci incontriamo nel qui e ora di questa mostra». Gli oltre 160.000 visitatori hanno lasciato un segno attraverso i nostri sondaggi e possiamo così capire quali sono stati i pubblici dell’esposizione.

Dalle analisi sui visitatori emerge un forte ritorno del pubblico turista (italiano e straniero, che soggiorna in città almeno una notte) che ha rappresentato il 38% del totale visitatori e del pubblico escursionista (proveniente da aree al di fuori di Firenze e provincia che visita la città in giornata) pari a circa 65.000 visitatori. Tra questi circa il 50% dichiara di essere venuto a Firenze appositamente per visitare la mostra a Palazzo Strozzi, generando un importante ricaduta sull’economia locale.
Rilevante anche la partecipazione del pubblico locale, residente nell’area metropolitana di Firenze, che rappresenta il 22% del totale visitatori, pari a oltre 35.000 persone.

Grande la partecipazione del pubblico under 30, che rappresenta il 35% del totale dei visitatori. Circa il 40% di loro dichiara di aver visitato Palazzo Strozzi per la prima volta in occasione della mostra e il 20% ha conosciuto l’artista proprio grazie all’esposizione manifestando un altissimo gradimento nei confronti dell’esperienza di visita (98% gradimento positivo). Straordinaria anche la presenza pubblico delle famiglie, come testimonia la vendita record di oltre 5.000 biglietti famiglia, pari a oltre 14.000 presenze totali, la grande partecipazione ai laboratori e il successo del Kit Famiglie, speciale materiale sviluppato per visitare la mostra con giochi e attività utilizzato da 3.500 famiglie.

Anche per questa mostra abbiamo rinnovato l’impegno per rendere le nostre esposizioni accessibili grazie a eventi, attività e progetti per tutti i pubblici, svolte a partire dal Maria Manetti Shrem Educational Center. Da segnalare in particolare A più voci per persone con Alzheimer, Sfumature per giovani e adulti autistici, Connessioni per disabilità intellettive e disagio psichico, e Corpo libero, un percorso di danza dedicato all’inclusione delle persone con Parkinson. Queste attività dedicate all’accessibilità hanno coinvolto oltre 600 partecipanti.

#NelTuoTempo sui social: un racconto corale della mostra

La mostra Nel tuo tempo ha mantenuto una costante attenzione in termini di visibilità sui maggiori social network, con quasi 10 milioni di visualizzazioni dei contenuti e dei profili social della Fondazione (Facebook, Instagram, TikTok, Twitter e LinkedIn) generando quasi 130.000 interazioni tra like, commenti e condivisioni su tutte le piattaforme. Su Instagram si registrano i risultati più sorprendenti con oltre 1.2 milioni di persone coinvolte. Si segnala, infine, che proprio durante il periodo di apertura della mostra, la community social di Palazzo Strozzi ha raggiunto il numero di 230mila follower, con 100mila follower sia su Facebook che su Instagram.

Le installazioni di Olafur Eliasson hanno affascinato e ammaliato i visitatori, i quali hanno condiviso il loro punto di vista sui propri profili social. Oltre 100mila foto e video sono state pubblicate online con gli hashtag #NelTuoTempo e #PalazzoStrozzi e poi raccolte dal Social Wall della mostra presente nel cortile e sul sito di Palazzo Strozzi, andando così a costruire un racconto corale della mostra attraverso i canali digitali.

Il Social Wall di Olafur Eliasson: Nel tuo tempo

Durante il periodo della mostra il sito www.palazzostrozzi.org è stato visitato da oltre 400mila utenti per un totale di quasi 2 milioni di pagine visualizzate, un dato record rispetto alle mostre passate, che conferma l’impatto mediatico e popolare dell’artista e della mostra.

Un incontro tra opere d’arte, visitatori e Palazzo Strozzi

Olafur Eliasson: Nel tuo tempo è stato un viaggio coinvolgente tra le nuove installazioni realizzate appositamente per Palazzo Strozzi e le opere storiche di Olafur Eliasson. Grazie all’uso del colore, dell’acqua e della luce, l’artista ha creato un’interazione con nostri sensi e lo spazio rinascimentale. Il contesto architettonico, storico e simbolico del palazzo viene così ripensato esaltando il ruolo del pubblico come parte integrante delle opere. Come ha affermato lo stesso artista:

Nel tuo tempo è stato un incontro tra opere d’arte, visitatori e Palazzo Strozzi. Palazzo Strozzi è uno straordinario edificio rinascimentale che ha viaggiato attraverso i secoli per accoglierci, qui e ora, nel XXI secolo, non come semplice contenitore ma come co-produttore della mostra. Non è solo Palazzo Strozzi ad aver viaggiato nel tempo. Come visitatore, ognuno di noi ha vissuto, con una relazione tra corpo e mente sempre diversa in modo individuale. Ognuno con le proprie esperienze e storie ci siamo incontrati nel qui e ora di questa mostra.

Il copertina: Olafur Eliasson: Nel tuo tempo, Palazzo Strozzi, Firenze, 2022. Photo: Ela Bialkowska, OKNO studio © 2022 Olafur Eliasson

Donatello, il Rinascimento vince il premio come migliore esposizione del 2022

La Fondazione Palazzo Strozzi e i Musei del Bargello sono orgogliosi di annunciare che la mostra Donatello, il Rinascimento (tenutasi a Firenze nelle due sedi di Palazzo Strozzi e del Museo Nazionale del Bargello tra il 19 marzo e il 31 luglio 2022) e curata da Francesco Caglioti, è stata premiata come migliore esposizione dell’anno 2022 nell’ambito della cerimonia degli Apollo Awards, tenutasi a Londra il 6 dicembre 2022, organizzata dalla prestigiosa rivista internazionale Apollo Magazine.

Gli Apollo Awards rappresentano i più importanti premi a livello internazionale per musei e istituzioni culturali, celebrando ogni anno i più rilevanti artisti, mostre, musei, pubblicazioni e iniziative della scena dell’arte globale. L’assegnazione dell’Apollo Award come mostra dell’anno a Donatello, il Rinascimento è avvenuta selezionando dalla rosa di sei finalisti, appuntamenti espositivi internazionali di grandissimo pregio quali: Inspiring Walt Disney: The Animation of French Decorative Arts al Metropolitan Museum of Art di New YorkMatisse: The Red Studio al MOMA di New YorkOskar Kokoschka: Enfant terrible in Vienna al Musée d’Art Moderne di ParigiRaphael alla National Gallery e William Kentridge alla Royal Academy of Arts di Londra.

Il premio a Donatello, il Rinascimento rappresenta un riconoscimento al grande valore scientifico, alla straordinaria unicità e all’audacia di un’esposizione che ha ricollocato nell’olimpo dei maestri un protagonista assoluto della storia dell’arte come Donatello, scommettendo su una mostra dedicata alla genesi del Rinascimento fiorentino e alla scultura quale arte guida. La mostra infatti ha proposto nuovi studi e inediti confronti grazie a prestiti storici provenienti da oltre cinquanta istituzioni di tutto il mondo. Importanti restauri realizzati in occasione della mostra hanno permesso, dopo la loro realizzazione, lo spostamento per la prima volta nella storia di alcune opere dalla loro sede originale.  Donatello, il Rinascimento ha rappresentato la prima e più completa retrospettiva mai realizzata dedicata a uno dei maestri più importanti e influenti dell’arte italiana di tutti i tempi.

Curata da Francesco Caglioti (professore ordinario di Storia dell’Arte medievale presso la Scuola Normale Superiore di Pisa) e realizzata in collaborazione con gli Staatliche Museen di Berlino e il Victoria and Albert Museum di Londra, la mostra ha infatti ricostruito attraverso oltre 130 opere il percorso eccezionale di uno dei padri del Rinascimento, a confronto con capolavori di artisti a lui contemporanei quali Brunelleschi e Masaccio, Mantegna e Giovanni Bellini, ma anche successivi come Raffaello e Michelangelo.

Fin dalla sua apertura, l’esposizione era stata acclamata dalla stampa nazionale e internazionale, già definita mostra dell’anno a livello globale dal New York Times, il Wall Street Journal, il Washington Post, il Times e il Guardian. L’esposizione ha inoltre raggiunto uno straordinario successo di pubblico con un totale di 150.000 visitatori a Palazzo Strozzi e oltre 117.000 presenze al Museo Nazionale del Bargello. La mostra è stata anche l’occasione per una rinnovata attenzione al territorio, con la valorizzazione di oltre 50 opere di Donatello disseminate in tutto il territorio della Regione Toscana attraverso il progetto Donatello in Toscana: un viaggio a partire da Palazzo Strozzi e dal Museo Nazionale del Bargello attraverso tutta la regione, grazie a una pubblicazione e una speciale mappa tematica digitale e fisica che ha legato 16 diversi luoghi in un’idea di esposizione diffusa per approfondire e conoscere le opere del maestro nel territorio.

È la seconda volta che Apollo Magazine premia la Fondazione Palazzo Strozzi per le sue mostre: la prima nel 2014 con la grande mostra Pontormo e Rosso Fiorentino. Divergenti vie della “maniera, e ora nel 2022 con Donatello, Il Rinascimento, un progetto epocale per celebrare lo scultore che ha segnato la storia dell’arte. L’esposizione è stata consacrata miglior mostra del 2022 anche dalla prestigiosa classifica del Giornale dell’Arte.

L’assegnazione di questo riconoscimento ci riempie di gioia e soddisfazione e conferma, ancora una volta, la qualità dell’offerta di Palazzo Strozzi, che produce mostre tanto originali e coraggiose quanto di successo, tenendo fede al disegno della Fondazione di portare a Firenze eventi culturali di livello internazionale. Il successo di questa grande mostra è frutto della incomparabile curatela di Francesco Caglioti, della fondamentale collaborazione con i Musei del Bargello e del generoso supporto dei più importanti musei del mondo che ci hanno permesso di realizzare una mostra veramente unica e irripetibile.

Arturo Galansino, Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi

Siamo orgogliosi del prestigioso premio della rivista Apollo che esemplifica il ruolo cruciale del Museo Nazionale del Bargello, cardine delle collezioni di scultura italiana nel mondo. Grazie all’indispensabile sostegno della Direzione Generale Musei e del Ministero della Cultura che hanno sostenuto il progetto fin dal suo concepimento, alla sinergia con la Fondazione di Palazzo Strozzi – con la quale esiste una consolidata quanto virtuosa collaborazione pubblico-privato – agli Staaliche Museen zu Berlin e al V&A di Londra, nostri partners, siamo riusciti a creare una retrospettiva completa e mai vista dell’opera originalissima di Donatello. Un ringraziamento particolare va al curatore della mostra, Francesco Caglioti, e a tutto lo staff dei Musei del Bargello per la professionalità profusa in questo complesso progetto, dimostrando anche l’eccellenza raggiunta dai musei statali italiani.

Paola D’Agostino, Direttore dei Musei del Bargello

Un viaggio tra Rinascimento e Web 3.0

Palazzo Strozzi è stata la casa di due grandi rivoluzioni del mondo dell’arte negli ultimi mesi: quella del Rinascimento e quella degli NFT. Le mostre Donatello, il Rinascimento e Let’s Get Digital! hanno messo in dialogo l’arte del passato con l’arte del futuro e hanno saputo conquistare tutti, dalla critica al grande pubblico. Sono stati 150.000 i visitatori per la grande esposizione dedicata a Donatello, “il maestro dei maestri”, e 25.000 per il progetto che ha portato negli spazi della Strozzina e del cortile l’arte degli NFT.

La rivoluzione del Rinascimento: Donatello, il Rinascimento

Donatello, il Rinascimento, la prima e più completa retrospettiva mai realizzata dedicata all’artista padre del Rinascimento, ha proposto un viaggio attraverso Palazzo Strozzi e il Museo Nazionale del Bargello ripercorrendo la vita e la fortuna di Donatello. In 135 giorni di apertura, la mostra è stata visitata da 150.000 persone a Strozzicirca 117.000 al Museo Nazionale del Bargello, diventando una delle mostre di arte antica più visitata della storia di Palazzo Strozzi.

Donatello, il Rinascimento è stata acclamata fin dalla sua apertura dalla stampa nazionale e internazionale per lo straordinario percorso, gli studi e i confronti proposti, gli eccezionali prestiti provenienti da istituzioni di tutto il mondo e gli importanti restauri realizzati che hanno permesso lo spostamento per la prima volta nella storia di alcune opere dalla loro sede originale. L’esposizione ha collezionato numerose recensioni dal New York Times, dal Times, dal Wall Street Journal e dal Financial Times, il quale ha incoronato il catalogo della mostra edito da Marsilio Arte come miglior volume del 2022.

Tra i visitatori degli ultimi giorni, la mostra è stata apprezzata da grandi personaggi come Nancy Pelosi, speaker della Camera dei deputati degli Stati Uniti, o la star di Hollywood Leonardo Di Caprio che ha fatto tappa a Palazzo Strozzi appositamente per visitare questa eccezionale esposizione, e da grandi nomi dell’arte come Jeff Koons che, ripercorrendo gli spazi che solamente sei mesi fa ospitavano la sua mostra Jeff Koons. Shine, è stato colpito dai capolavori di uno scultore che ha segnato l’arte di tutti i tempi e che egli ritiene una pietra miliare della propria formazione.

Dopo Firenze, una parte delle opere sarà esposta dal 2 settembre 2022 alla Gemäldegalerie di Berlino e nella primavera 2023 al Victoria & Albert Museum di Londra, in versioni distinte, ma complementari dell’esposizione.

La mostra oltre la mostra: Donatello in Toscana

Nella tradizione del Fuorimostra di Palazzo Strozzi è stato realizzato il progetto Donatello in Toscana che ha proposto sotto forma di una mappa fisica e digitale un viaggio tra le opere di Donatello conservate nella regione. Il progetto, promosso e organizzato da Fondazione Palazzo Strozzi con il contributo di Città Metropolitana di Firenze e Beyfin S.p.A con media partner La Nazione, ha visto anche la pubblicazione del volume Donatello in Toscana– Itinerari, edito da Marsilio Arte e a cura di Francesco Caglioti: una guida alla scoperta di Donatello nello straordinario “museo diffuso” toscano.

Analisi del pubblico di Donatello, il Rinascimento

Si registra il grande ritorno dei turisti, sia italiani che stranieri (44% del totale visitatori), seguito dagli escursionisti (che hanno visitato Firenze in giornata, pari al 33%) e dal pubblico locale (23%). Tra i visitatori turisti ed escursionisti il 70% (pari a circa 80.000 persone) è venuto a Firenze per visitare la mostra a Palazzo Strozzi generando un significativo impatto economico sul territorio. Questo dato conferma il ruolo di Palazzo Strozzi nella valorizzazione di Firenze e la Toscana attraendo pubblico nazionale e internazionale e creando con la cultura valore economico per il territorio

Emerge l’altissimo gradimento della mostra, con il 98% dei visitatori che si dichiarano pienamente soddisfatto dell’esperienza.

La rivoluzione degli NFT: Let’s Get Digital!

Let’s Get Digital! ha portato negli spazi della Strozzina e del cortile di Palazzo Strozzi la rivoluzione degli NFT e delle nuove frontiere dell’arte digitale attraverso le opere di Refik Anadol, Anyma, Daniel Arsham, Beeple, Krista Kim e Andrés Reisinger. Promossa e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi e Fondazione Hillary Merkus Recordati e curata da Arturo Galansino e Serena Tabacchi, la mostra ha proposto uno sguardo su un movimento in piena evoluzione e trasformazione, che costituisce il punto di partenza per una sempre più accelerata commistione tra estetica e nuove tecnologie. In solo due mesi e mezzo di apertura Let’s Get Digital! è stata visitata da oltre 25.000 visitatori, diventando un caso nazionale e testimoniando il grande interesse per il fenomeno NFT. 

Analisi del pubblico di Let’s Get Digital!

Da una prima analisi del pubblico emerge una grande partecipazione dei visitatori locali (40%), seguiti dai turisti italiano e stranieri (37%) e dagli escursionisti (33%). Oltre l’85% dei visitatori si sono dichiarati pienamente soddisfatti dell’esperienza, e l’86% ha dichiarato di aver conosciuto il fenomeno degli NFT e quello della Criptoarte grazie a questa mostra.

Un connubio l’arte del passato con l’arte del futuro

Palazzo Strozzi si conferma come laboratorio unico di ricerca e sperimentazione delle arti. Il connubio Let’s Get Digital!Donatello, il Rinascimento è stata una scelta vincente confermata dall’apprezzamento del pubblico e dalla critica internazionale. Dal Rinascimento all’arte digitale d’avanguardia, le due mostre singolarmente sono state capaci di stimolare e di far conoscere nuovi artisti e temi. Oltre il 50% dei visitatori della mostra Let’s Get Digital! ha infatti scelto di visitare anche la mostra dedicata al grande maestro del Rinascimento, testimoniando come i netti confini tra arte del passato e arte del futuro siano labili e porosi.

Una lettera d’amore. Ispirata dalla Madonna Pazzi

Su invito di Marsilio Arte, Annalena Benini, giornalista e scrittrice e direttrice della rivista Review del Foglio, si è lasciata guidare dalla Madonna Pazzi di Donatello (conservata a Berlino ed esposta a Palazzo Strozzi in occasione della mostra Donatello, il Rinascimento). Annalena Benini racconta del legame personalissimo e universale che lega la Madonna e il Bambino.

Cara mamma,

ti ho chiesto scherzando che cos’è l’amore e tu non hai avuto dubbi: l’amore che attraversa il tempo, lo spazio, il bronzo, il marmo, è fermato per sempre nell’amore della Madonna che guarda il suo bambino. Dovevo immaginarlo, da quando sono piccola e ti seguo nelle città, nei paesini, nelle chiese e nei musei, ti fermi sempre a guardare una Madonna col bambino.

Una me l’hai perfino regalata, quando sono rimasta incinta di mia figlia. Era di mia nonna, tua madre. Il protendersi del collo e degli occhi, il continuo scendere e salire per ritrovarsi alla stessa altezza, il desiderio di non staccarsi mai e di leggere nello sguardo la purezza di un legame carnale e al tempo stesso ultra terreno. Che non può finire, che parte dal corpo e si diffonde nello spirito, o viceversa, a seconda di chi osserva o di chi guarda distratto, ma non può non capire: madre e figlio, l’inizio del mondo. L’atto d’amore primario, originario.

Quanto tempo abbiamo passato, mamma, a guardarci gli occhi, le guance, quanto tempo ho passato a metterti le mani sulla faccia per poi perderne il ricordo? La forza esiste e non sa ancora parlare ma guarda, apre la bocca, protende le braccia, ha un profumo inebriante, si dimenticherà tutto ma adesso la sua pelle, a contatto con la nostra pelle, sprigiona l’energia del mondo intero.

Può l’arte restituirci tutto questo? Può, perché mostra due esseri umani nel momento in cui umano e divino si toccano. Il movimento di quello sguardo è un movimento divino, il protendersi degli occhi negli occhi è la prova di un amore che attraverso la madre e il suo bambino si sprigiona anche oltre i loro corpi, la loro unione, e ci avvolge e ci chiama, ci chiede: e voi, voi lo sapete che cos’è l’amore?

Cara mamma, avevi ragione tu: è qui l’amore.

Donatello, Madonna col Bambino (Madonna Pazzi), 1420-1425 circa, Staatliche Museen zu Berlin – Preußischer Kulturbesitz. Skulpturensammlung und Museum für Byzantinische Kunst. Photo Antje Voigt 

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In copertina: Donatello, Madonna col Bambino (Madonna Pazzi), 1420-1425 circa, Staatliche Museen zu Berlin – Preußischer Kulturbesitz. Skulpturensammlung und Museum für Byzantinische Kunst. Photo Antje Voigt 

I disastri della guerra

A monito degli orrori della guerra che colpiscono le persone, ma possono colpire anche le opere d’arte, vogliamo pubblicare queste immagini di due sculture che hanno subito l’oltraggio di danneggiamenti gravissimi durante le fasi terminali della Seconda Guerra Mondiale.

L’allora Kaiser-Friedrich-Museum (oggi Bode-Museum), venne devastato dai bombardamenti aerei. Due importantissime Madonne col Bambino di Donatello in terracotta che saranno esposte a Palazzo Strozzi erano state evacuate prima in un bunker, ma subirono due terribili incendi nel maggio 1945 e furono ridotte in pezzi.

Portate a Leningrado, sono state restaurate alla metà degli anni Cinquanta e in seguito restituite alla Repubblica Democratica Tedesca, tornando nel settore Est di Berlino solo nel 1958.

Prima della Seconda Guerra Mondiale questo rilievo era ancora magnificamente policromato, come attesta una foto pubblicata da Wilhelm von Bode nel 1923. Gli incendi nel maggio 1945 causarono notevoli danni all’opera, compresa la perdita della policromia (a parte qualche traccia sulla manica della Vergine). Questo trauma ha però reso evidente la modellazione dell’argilla, il cui virtuosismo rende indiscutibile l’attribuzione a Donatello. L’ultimo restauro risale al 2018 grazie alla Fondazione d’Arte Ernst von Siemens.

Crediti: Berlino, Staatliche Museen, Skulpturensammlung und Museum für Byzantinische Kunst. Archiv (foto antiche); A. Voigt (foto moderne).

170.000 riflessi

La grande mostra Jeff Koons.Shine ha celebrato una delle figure più importanti e discusse dell’arte contemporanea a livello globale attraverso una selezione delle sue più celebri opere che, dalla metà degli anni Settanta a oggi, hanno rivoluzionato il sistema dell’arte internazionale. Nonostante le difficoltà e le restrizioni di questi mesi, Jeff Koons. Shine si è posizionata come una delle mostre più visitate di sempre a Palazzo Strozzi, distinguendosi come l’evento di arte contemporanea di maggior successo del 2021 in Italia. La mostra ha visto la partecipazione di 170.012 visitatori, segnando il tutto esaurito nelle sale di Palazzo Strozzi fin dalla sua apertura a ottobre.

Jeff Koons. Shine: un catalizzatore per la città

Questo importante record di partecipazione premia il lavoro della Fondazione e del suo modo unico di “fare mostre”, sempre mantenendo, nonostante le incertezze del momento, un ruolo primario nella valorizzazione del territorio come meta per il pubblico, motore propulsore di energia e creatività, e generatore di valore tramite la cultura.

Da segnalare in particolare è come Palazzo Strozzi abbia mantenuto un ruolo primario nella valorizzazione del territorio quale meta per il pubblico nazionale, attraendo a Firenze visitatori da tutta Italia, in un periodo ancora fortemente limitato per il turismo internazionale. Sono stati circa 120.000 (il 70% del totale) i visitatori italiani provenienti al di fuori dell’area metropolitana di Firenze: oltre 85.000 hanno raggiunto la città (in giornata o pernottando in città anche più giorni) appositamente per visitare la mostra di Jeff Koons, generando un importante impatto sull’economia locale.

Jeff Koons. Shine, exhibition view, Palazzo Strozzi, Firenze, 2021. © Jeff Koons, Photo: Ela Bialkowska, OKNOstudio

Siamo tutti “Koons Fan”: i pubblici della mostra

Dalle analisi sui visitatori, emergono come dati importanti la grande partecipazione del pubblico under 30, che rappresenta il 30% del totale dei visitatori, e del pubblico delle famiglie, come testimonia la vendita record di oltre 6.000 biglietti famiglia (pari a oltre 20.000 presenze totali), la grande partecipazione ai laboratori Specchio, specchio e Splendido splendente e il successo del Kit Famiglie, speciale materiale sviluppato per visitare la mostra con giochi e attività utilizzato da oltre 6.000 visitatori.

Specchio, specchio, laboratorio per famiglie in occasione della mostra Jeff Koons. Shine. Foto Giulia Del Vento

Confermato è stato inoltre l’impegno e il successo della Fondazione Palazzo Strozzi per rendere le proprie mostre sempre più accessibili attraverso eventi, attività e progetti per tutti i pubblici. Da segnalare in particolare A più voci per persone con Alzheimer, Sfumature per ragazzi e ragazze con disturbi dello spettro autistico, Connessioni per disabilità intellettive e disagio psichico, e Corpo libero, un percorso di danza dedicato all’inclusione delle persone con Parkinson, attività dedicate all’accessibilità che hanno coinvolto oltre 1300 partecipanti.

Corpo libero in occasione della mostra Jeff Koons. Shine. Foto Giulia Del Vento
A più voci in occasione della mostra Jeff Koons. Shine. Foto Giulia Del Vento

Jeff Koons mania sui social

Palazzo Strozzi è particolarmente attento alla comunicazione social, e in occasione della mostra oltre 3.2 milioni di persone sono state raggiunte dai contenuti pubblicati sui profili social della Fondazione (Facebook, Instagram, Twitter e LinkedIn) generando oltre 160mila interazioni tra like, commenti e condivisioni su tutte le piattaforme. Su Instagram si registrano i risultati più sorprendenti con oltre 1.8 milioni di persone coinvolte e una crescita di oltre 10milla follower negli ultimi quattro mesi, collezionando un totale di 111mila like su tutti i contenuti.

Durante il periodo della mostra, il sito www.palazzostrozzi.org è stato visitato da oltre 360mila utenti per un totale di oltre 1.5milioni di pagine visualizzate, un dato record rispetto alle mostre passate, che conferma la portata mediatica di Jeff Koons.

Jeff Koons. Shine. Foto Giulia Del Vento

Oltre 170.000 protagonisti

Fino a poco tempo fa sembrava impossibile poter realizzare una mostra così ambiziosa in questo momento storico e un simile risultato era addirittura impensabile. Jeff Koons. Shine è stata una sfida vinta per Palazzo Strozzi e per Firenze, che ha dato così un grande segnale di vitalità e di ripartenza sociale, culturale ed economica. La risposta del pubblico e dei media ha superato le nostre aspettative e siamo davvero soddisfatti dell’enorme successo di questa mostra che ha coinvolto in modo inclusivo oltre 170.000 persone, rispecchiando lo spirito stesso dell’arte di Jeff Koons che vuol rendere il visitatore protagonista delle sue opere.

In copertina: Jeff Koons. Shine, exhibition view, Palazzo Strozzi, Firenze, 2021. © Jeff Koons, Photo: Ela Bialkowska, OKNOstudio