La Russia di Natalia

La conoscenza di Cézanne, Gauguin, Matisse, Rousseau il Doganiere, Picasso, influenza la produzione dei giovani artisti russi, tra cui Goncharova e Larionov, che aderiscono alle ricerche volte al superamento di Naturalismo e Simbolismo. Il richiamo all’arte primitiva assume un carattere particolare in Russia, dove, tra il 1907 e il 1912, si sviluppa il Neoprimitivismo, che non trae ispirazione come in Francia da civiltà lontane, bensì dalle tradizioni, dal folclore e dalle radici culturali del paese. In due autoritratti Natalia offre un’immagine di sé contrastante: in uno indossa un elegante abbigliamento di moda all’epoca dell’ava omonima, adeguandosi ai canoni estetici della classe sociale di appartenenza, ma nell’altro si presenta vestita semplicemente, con il volto di cui evidenzia senza ingentilirli i tratti forti, davanti alle proprie opere e con uno sguardo diretto e consapevole. Non ha bisogno dei pennelli per dimostrare che è una pittrice, e nella mano esageratamente grande stringe gigli tigrati di sapore orientaleggiante. La sala accoglie dipinti legati alla vita nelle proprietà di famiglia di Natalia: gli anni in campagna le hanno infatti consentito di conoscere la quotidianità dei contadini e il loro mondo, portandola a ispirarsi agli intagli in legno, agli oggetti d’uso dipinti, alle stampe popolari (lubki) e alle antichissime sculture in pietra dalle forme ancestrali (kamennye baby). Foto di Alessandro Moggi Larionov, profondo studioso di temi folclorici e collezionista di lubki, figlio di un medico e farmacista militare, dopo il periodo di leva affronta spesso il tema dei soldati, riconducendolo a uno stile infantile, con richiami ai giocattoli venduti nelle fiere e alle insegne dei negozi. Il video evoca la Russia di Natalia – in continua dialettica tra campagna, dove l’artista soggiorna nella primavera-estate, e città, vissuta e raffigurata nel periodo invernale – attraverso fotografie d’epoca e spezzoni del documentario La caduta dei Romanov (1927), e deifilm Le donne di Rjazan della regista Olga Preobrazhenskaya (1927) e La linea generale di Sergei Eisenstein (1929). Mosca innevata col suo Cremlino, il palazzo del collezionista Sergei Shchukin, con il “Salone rosa” in cui le opere di Matisse sono state allestite dall’artista stesso, si contrappongono alla campagna russa presentata nei momenti di lavoro e di svago.
«L’arte del mio paese è incomparabilmente più profonda di tutto ciò che conosce l’Occidente». Natalia Goncharova, 1913
width=