di Ludovica Sebregondi
Il primo collage per Aria, realizzato da Tomás Saraceno nell’estate del 2019 per l’esposizione di Strozzi, mostra Firenze vista da Monte alle Croci su cui si librano le tre grandi sfere dell’installazione Thermodynamic Constellation destinate al cortile rinascimentale del Palazzo. Fluttuano nell’aria serena, sospese sulla città, insieme ad altri prototipi di sculture aerosolari in grado di volare intorno al mondo, libere da confini e da combustibili fossili, libere di navigare attraverso i fiumi dell’atmosfera. Poi l’acqua alta su Venezia del mese di novembre ha cambiato la visione di Tomás, che per il collage definitivo si è ispirato – con il nero predominante, la diffusa sensazione di inquietudine, il grande ragno nella sua capsula d’aria – agli stravolgimenti causati dai cambiamenti climatici, dall’uso sconsiderato delle risorse naturali da parte dell’uomo. E, nei mesi della pandemia, è stata l’immagine che ha incarnato lo “spirito del tempo”.
Nel primo collage per Aria in alto a destra compare una delle “macchine del volo” di Leonardo, la Vite aerea (Manoscritto B, 1489, Parigi, Institut de France), sollevata da una vela a elica che si avvita nell’aria. Sono numerose le invenzioni leonardesche legate alla volontà di permettere all’uomo di elevarsi da terra: forse il tentativo più famoso è quello in cui coinvolse l’amico e collaboratore Zoroastro da Peretola, avvenuto sul Monte Ceceri, una collina alle porte di Firenze, presso Fiesole.
Un esperimento non riuscito, di cui resta traccia nel Codice sul volo degli uccelli (1505 circa, Torino, Biblioteca Reale), che include schizzi e descrizioni di apparecchi e di principi aerodinamici relativi al volo meccanico, anticipando di circa quattro secoli l’invenzione dell’aeroplano. Scrive Leonardo, e le sue parole sono riportate su una stele in pietra posta sulla sommità del colle: “Piglierà il primo volo il grande uccello sopra del dosso del suo magno Cecero, empiendo l’universo di stupore, empiendo di sua fama tutte le scritture e gloria eterna al nido dove nacque”.
Altre sperimentazioni, coronate però da successo, si sono susseguite a Firenze, come quella del 1784, quando da un prato nei pressi di ponte alla Carraia Francesco Henrion ripeté, con un “globo aerostatico” pieno di aria riscaldata, quanto riuscito l’anno precedente vicino a Lione a Joseph ed Étienne Montgolfier con una macchina volante che si era sollevata da terra. Il tentativo fiorentino riuscì perfettamente, analogamente a quello compiuto poco dopo da un pallone realizzato da due gesuiti che giunse fino a Santa Sofia, in Romagna. Il primo uomo a volare su Firenze fu, nel 1795, Giovanni Battista Luder che sostituì il pilota designato – impaurito dall’impresa – ed ebbe l’ardire di salire sulla navicella in Piazza del Carmine. Ne scese tranquillamente alla Pieve di Remole, e per il suo gesto di coraggio fu premiato dal granduca con 24 zecchini d’oro e la promozione da semplice “trombaio”, l’idraulico a Firenze, a “fontaniere regio”.
L’articolo il Volo di una mongolfiera, apparso sulla “Gazzetta di Firenze” del 7 agosto 1826, dimostra come ancora dopo decenni un’ascensione venisse trasformata in spettacolo, con piazza Santa Maria Novella convertita in anfiteatro per accogliere gli astanti, tra cui il granduca e la sua famiglia. Francesco Orlandi, l’intrepido “aerobata”, dopo aver porto un sonetto e dei fiori al monarca, si sollevò sulla sua “macchina aerobatica”, un pallone a idrogeno e aria calda costituito da strisce di seta “a forma di fusi”, e dopo un’ora atterrò a circa 7 miglia dalla capitale.
Da fine Ottocento non mancano neppure testimonianze fotografiche, come quella della mongolfiera guidata dal “signor Jules” o “Juhles”, che si innalzò su Firenze il 19 maggio 1884 alla presenza di un folto pubblico arrampicato persino sui tetti. Un’immagine tanto iconica da essere stata scelta per la copertina di una mostra sugli Archivi Alinari.
E, recentemente, una donna, Leticia Marqués, pilota di mongolfiere, ha portato a Firenze, durante l’Aria Talk tenutosi al Cinema Odeon il 22 febbraio 2020, la testimonianza del suo ardito e coraggioso volo avvenuto il 28 gennaio 2020, nelle Salinas Grandes in Argentina nell’ambito del progetto di Tomás Saraceno Fly with AerocenePacha in cui – sollevata da un’enorme scultura aerosolare – ha stabilito sei record mondiali per altezza, distanza e durata di volo effettuato grazie solo al calore del sole e all’aria, senza l’uso di combustibili fossili, pannelli solari, elio o batterie al litio. Grande coraggio, quello dimostrato facendosi sollevare fino a un’altezza di 270 metri, per un’ora e 21 minuti, coprendo una distanza di 2,55 chilometri. Forse, in un utopico futuro, l’impresa di Saraceno e Leticia sarà vista come noi oggi rileggiamo le memorie dei primi pioneristici, e visionari, voli dei secoli scorsi.
In copertina: Tomás Saraceno, Around the world collage for Aria, 2020 Courtesy l’artista