Nel corso dell’esposizione Picasso, Miró, Dalí. Giovani e arrabbiati: la nascita della modernità (12 marzo-17 luglio 2011) persone affette da Alzheimer sono state invitate a Palazzo Strozzi per partecipare ad alcuni laboratori TimeSlips, un metodo già sperimentato al MoMA, al Chicago Art Institute e al Louvre.
È proprio da questa esperienza che nasce il progetto A più voci, che si propone di cercare una nuova modalità mediante la quale persone con Alzheimer possano esprimersi attraverso l’arte.
Elaborato dalla prof. Anne Basting, direttrice del Center on Age and Community dell’Università del Wisconsin-Milwaukee, il metodo TimeSlips favorisce l’espressione e la comunicazione delle persone affette da demenza, utilizzando la creatività. La malattia di Alzheimer, infatti, distrugge gradualmente le capacità logico-cognitive, ma lascia intatte ancora per molto tempo quelle emotive e creative: per questo è così importante continuare a stimolare l’immaginazione.
L’espressione creativa è particolarmente importante per le persone affette da demenza, per le quali altre possibilità di espressione di sé sono spesso molto limitate: è dimostrato che più a lungo le persone continuano a comunicare, più lentamente procede la malattia. In un ambiente stimolante e protetto, nel quale le loro parole vengono convalidate, persone che si sono chiuse nel silenzio per paura di dire la cosa sbagliata possono aprirsi di nuovo alla comunicazione quando comprendono di poter contribuire a storie significative.
Le narrazioni riflettono le loro speranze, paure, rimorsi, umori e sogni, e consentono una rara possibilità di capire chi sono le persone affette da demenza e come vedono il mondo.
TimeSlips è stato introdotto per la prima volta in Europa nel 2009 con un laboratorio pilota al nucleo Alzheimer della RSA Vincenzo Chiarugi di Empoli, condotto da Luca Carli Ballola e Silvia Melani ed è stato adottato in diverse strutture a Firenze e in Toscana, dopo che la stessa Prof.ssa Basting lo ha presentato in un convegno a Palazzo Vecchio, su invito della Fondazione Franceschi e dell’Associazione LibriLiberi, nel giugno del 2010. Il metodo, nella sua formulazione originale, prevede di usare come stimolo visivo delle fotografie; in seguito è stato sperimentato l’utilizzo di dipinti e sculture: le opere d’arte sono diventate il punto di avvio per storie che hanno evidenziato il potenziale creativo di queste persone.
Entrare con queste persone nei musei è stato il passo successivo: una delle conseguenze più dolorose dell’Alzheimer e di altre forme di demenza è la difficoltà di comunicazione e quindi di relazione che porta a un isolamento delle persone malate e dei loro familiari. Visitare un’esposizione d’arte è, per queste persone, doppiamente significativo, in quanto rappresenta anche un’opportunità di scambio con gli altri visitatori – i quali, a loro volta, possono incontrarle in un’occasione nella quale dimostrano di poter ancora capire, emozionarsi, esprimersi.